In Canada le api che hanno frequentato coltivazioni di ogm subiscono la modifica dei batteri presenti normalmente nel loro apparato digerente e muoiono. Il loro numero è diminuito drasticamente. Una intervista al famoso etologo Giorgio Celli descrive i limiti della ricerca nel campo degli ogm Da La stampa del 3 gennaio
Da LA STAMPA dei 3 gennaio 2007
UNA RICERCA CANADESE Le api boicottano le piante Ogm Se lo saranno detto con le sequenze di simboli nascosti nelle danze a mezz’aria? Oppure con le emanazioni dei recettori odorosi, che – rivelano studiosi americani come James Nieh – sono state elaborate con milioni di anni di sforzi e oggi ricordano in tutto e per tutto i codici cifrati degli agenti segreti? Di certo l’evoluzione non le aveva preparate all’imprevisto fabbricato dai loro partner da almeno 8 mila anni, gli esseri umani: le api si stanno scambiando informazioni via via più preoccupate e da un po’ di tempo si consigliano reciprocamente di stare alla larga dai campi geneticamente modificati che ricoprono superfici in rapida espansione, dalle praterie della «corn belt» statunitense alle pampas argentine, fino alle pianure infinite di India, Cina e Australia. Gli studiosi se ne sono accorti quando hanno deciso di osservare che cosa succede attorno a una pianta che non esiste in natura, ma è una fortunata manipolazione che genera fiumi di dollari. Si chiama canola (acronimo che sta per «Canada» e «olio»), deriva dalla rapa e produce un olio per innumerevoli usi, anche alimentari, dato che è considerato povero di grassi cattivi. E’ proprio nelle zone dove cresce con impeccabile logica industriale – denuncia una ricerca della Simon Fraser University nel British Columbia del Canada – che si sta registrando un crollo dell’impollinazione. Secondo le analisi, appena rese note dall’Ecological Society of America, la densità delle api diminuisce progressivamente a seconda che il campo che sorvolano sia, nell’ordine, organico, trattato pesantemente con erbicidi e Ogm. Il fenomeno può essere interpretato come una fuga o una difesa. O come una forma strisciante di sterminio. E’ infatti una nuova prova che si aggiunge agli studi con cui si accusano le piante «trans» di minacciare le api e spingerle all’estinzione dal pianeta che le ospita da 300 milioni di anni, quando si separarono dalle zanzare e dal moscerino della frutta. Proprio in Nord America – e soprattutto negli Usa – questi insetti-chiave per la riproduzione della maggior parte della flora terrestre stanno scomparendo a tassi abnormi. La colpa – confermano le analisi dell’Università di Jena in Germania – è (anche) della canola e di alcuni ceppi di batteri resistenti agli antibiotici. Tutto nasce da un gene «marcatore» utilizzato nella controversa pianta canadese: questo riesce a trasferirsi nei batteri, che da tempo immemorabile colonizzano il sistema digerente delle api, e i microrganismi si alterano. Da ospiti si trasformano in killer, facendo strage dell’insetto più affascinante e oggi più studiato (da poche settimane, infatti, il consorzio internazionale «Honeybee Genome Sequence Consortium» ha sequenziato il suo genoma). Le povere api muoiono perché si ammalano e anche il miele risulta contaminato. Ha tracce Ogm e – denunciano l’associazione britannica «Bee Farmers Association» e «Friends of Earth» – c’è il rischio che i «resti» arrivino fino agli animali e naturalmente all’uomo. Se l’uomo massacra le api, questa potrebbe essere la subdola vendetta di creature che con noi hanno almeno due straordinarie forme di parentela: la stessa origine africana e un orologio biologico quasi uguale al nostro. G. Beccaria Intervista a Giorgio Celli Etologo «La natura si ribella alle follie della scienza» Professor Giorgio Celli, sembra che la natura cominci a ribellarsi agli Ogm. E’ così? «Il fenomeno segnalato in Canada è ancora tutto da approfondire, ma sono molto preoccupato: sono sempre stato contro gli Ogm e credo siano solo un danno alla natura. La strategia con cui si ottengono organismi con caratteristiche che prima non possedevano dovrebbe essere messa sotto stretto controllo. Abbiamo sequenziato il Dna dell’uomo e dell’ape, ma non abbiamo capito le interazioni tra i nucleotidi. Non sappiamo ancora come interagiscono. Al momento, se inseriamo un pezzo di Dna tra due vegetali o animali, i risultati sono imprevedibili». In tutto il mondo si segnalano stragi di api. I fenomeni sono quindi collegati? «In Francia, per esempio, si è trattato di un potente insetticida: disorienta le api e queste non riescono a tornare all’alveare. Per quanto riguarda i campi Ogm, siamo di fronte a un effetto nuovo, che mi sorprende. Sicuramente è l’effetto del lavoro di ingegneri genetici che stanno chiusi in laboratorio e non sanno nulla della natura». Che cosa dovrebbero sapere gli esperti di biotech? «Gli ingegneri genetici non sono naturalisti. Poco tempo fa alcuni ricercatori giapponesi hanno annunciato di poter creare api senza pungiglione. Erano più facili da allevare. Ma, così disarmate, sarebbero state soggette agli attacchi di quelle “armate”. Perché un alveare debole è sempre vittima di un alveare forte. Agli ingegneri manca una visione complessiva della natura».