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BO-LAND OF THE LIVING DEAD: Anti-graffiti alla Bolognese
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BO-LAND OF THE LIVING DEAD

pubblicato il Oct 4, 09:45 AM
Anti-graffiti alla Bolognese

Dopo Londra, Roma e Milano, anche a Bologna è finalmente arrivata la “Campagna Anti Graffiti”.
Sebbene sia convinto che le “campagne anti graffiti” siano piuttosto delle campagne elettorali, utili a sviare l’attenzione da problemi ben più gravi, vorrei spendere qualche parola sui “Graffiti”.

I GRAFFITI

Che cosa sono i “Graffiti”?
Sono quegli scarabocchi incomprensibili sui muri o sono quei grandi dipinti colorati lungo la ferrovia, sono le bottigliate di colore lanciate sul carcere in via del Pratello o sono le scritte d’amore fatte sulle panchine dei giardini Margherita?
“Graffiti” è una parola magica, una di quelle parole che si usano molto bene, specialmente in politica,quando si deve parlare di qualcosa in termini generali senza approfondire il discorso, senza capire la complessità del fenomeno.
Quando diciamo “Graffiti” stiamo parlando di un fenomeno che si estende a livello mondiale in moltissime città, dall’Iran fino al Nicaragua, dal Giappone al Sud Africa, dall’Islanda all’Argentina, in ogni paese puoi trovare dei gruppi di giovani che cercano di creare qualcosa di personale e di mostrarlo alle altre persone.
Quando diciamo “Graffitari” stiamo parlando di un insieme di persone che vanno dallo studente di 15 anni al professionista quarantenne, ci sono uomini e donne, alcuni sono impiegati di banca, alcuni sono operai, ci sono molti studenti, ci sono occupanti di centri sociali come ci sono dentisti, ci sono giovani immigrati come ci sono figli di ricchi industriali.
I “Graffittari” sono migliaia di persone diverse con altrettante esperienze di vita o estrazione sociale, per questo alcuni sono meno “bravi” di altri o meno “educati”.
Negli Stati uniti, in Inghilterra, in Germania, in Spagna, in Francia e anche qua in Italia c’è una generazione di creativi (designer, architetti, artisti, fotografi) che è nata e si è formata grazie ai
“Graffiti”, queste persone hanno così imparato a lavorare con le immagini, con il disegno, con i colori, con le forme architettoniche, hanno preso coscienza delle proprie possibilità e si sono messi a “creare”.
Grazie ai “Graffiti” tutte queste persone hanno compensato quella enorme carenza del sistema scolastico italiano dove l’insegnamento dell’arte e dell’educazione all’immagine è praticamente inesistente, questi ragazzi sono scesi in strada e hanno imparato da soli, confrontandosi tra di loro e usando la città come laboratorio.
Queste persone non vi stanno rubando la macchina, non stanno rompendo i vetri delle finestre, non danno fuoco al cassonetto della spazzatura, non stanno DISTRUGGENDO, stanno AGGIUNGENDO qualcosa.
Aggiungono una loro idea, una loro segno nello spazio della città.

Se date una parete e degli spray ad un “Graffittaro” pensate che farà solo un rapido “scarabocchio” per poi fuggire via o piuttosto impiegherà tutto il pomeriggio per realizzare un dipinto che possa piacere a lui e agli altri?
Gli “scarabocchi”, le “tags” che si vedono in giro per la città sono l’estrema semplificazione di una forma più ricca ed elaborata.
Le “tags” vengono fatte quando non si ha il tempo ed il permesso per fare un lavoro migliore, cercando di lasciare una traccia veloce del proprio passaggio, sono una estremizzazione.
Per vedere di che cosa sono veramente capaci i “Graffittari” bolognesi bisogna andare in quei pochi luoghi dove è ancora permesso dipingere, là non vedrete “scarabocchi” ma interi muri completamente dipinti con forme e colori assai più elaborati e belli.

TOLLERANZA ZERO

La capitale mondiale dei “graffiti” ERA New York,a New York sono nati Keith Haring e Basquiat ed oggi i loro quadri vengono venduti a cifre indicibili; se gli stessi artisti fossero nati oggi non avrebbero potuto fare assolutamente niente di quello che hanno fatto.
Oggi c’è la “tolleranza zero”.
La “tolleranza zero” significa che se attacchi una figurina su un palo della luce a New York o a Londra, come è successo a due amici, ti arrestano, passi una notte in cella e poi ti processano.
Naturalmente i famosi coloratissimi graffiti di New York sono scoparsi ma, nonostante la tolleranza zero, le uniche cose che rimango bene in vista sono le “tags”, le firme, gli “scarabocchi”. Ma non erano proprio queste il problema?

SCARABOCCHI

Il tempo che si impiega a fare una “tag” varia da 1 a 5 secondi, l’operazione può essere eseguita con qualsiasi tipo di vernice o strumento (pennarelli, spray, pennelli, rulli, estintori, scalpelli,
chiavi etc..) sopra qualsiasi tipo di superficie, la “tag” è un gesto estremo ed estremamente semplice da eseguire.
Da 20 anni ogni genere di espediente è stato tentato per scoraggiare il fenomeno delle “tags”: vernici anti-spray, muri e recinzioni dal design anti-graffiti, edifici ricoperti di piante rampicanti, telecamere e sensori di movimento, a Ginevra usano una sirena ad ultrasuoni udibile solo dalle persone inferiori ai 25 anni di età e questa dovrebbe tenere lontano i giovani dal muro, qualcosa di simile succede anche negli allevamenti bovini.
Nonostante tutto gli “scarabocchi” proliferano praticamente ovunque tranne in quei luoghi dove ci sia già l’opera di un altra persona.
Utilizzando semplicemente un po’ di buon senso la maggior parte delle persone che dipingono sui muri è in grado di riconoscere e rispettare l’arte e il dipinto di qualcun altro e seguendo questo principio in molte città europee nascono progetti di “riqualificazione artistica”:
si preferisce chiamare un “Graffittaro”, un artista e commissionargli un dipinto murale o un graffito che ricopra la facciata della propria casa piuttosto che chiamare un imbianchino del Hera una volta al mese.

Sembra insensato? forse è meglio installare una recinzione elettrica o una sirena che tenga lontani i bambini?
O magari basta mostrare che è possibile avere degli spazi pubblici dedicati alla creatività ed iniziare ad ascoltare le necessità dei giovani?

La tolleranza zero non fa altro che radicalizzare il fenomeno dei “Graffiti” e le “tags” sono solo la forma radicale di questa espressione artistica.

EMULAZIONE

Normalmente si inizia a fare graffiti tra i 15 e i 16 anni a quella età si cercano dei modelli e inevitabilmente si dipinge copiando quello che si vede in giro.
Se dai una bomboletta a un bambino di Merano probabilmente disegnerà una mucca o un sole o un lago.
Tempo fa ho dato una bomboletta ad un bambino di via Mazzini e lui ha fatto subito la sua prima tag.

Se non si vuole che i giovani vadano in giro a “scarabocchiare”, imitando il comportamento di altri,bisognerebbe suggerigli delle alternative e dargli degli spazi per metterle in pratica.

Vengono stanziati 170.000 euro per ripulire, tra l’altro, 46 scuole.
Perché non chiedete ai ragazzi se magari preferiscono dipingerle queste 46 scuole?
Perché non valorizzare il fenomeno invece di nasconderlo?
Chiedete agli studenti se sarebbero curiosi di vedere, di progettare e di dipingere una parete.
Con un la metà dei soldi spesi per ridipingere queste scuole si trasformerebbe il Pilastro in un museo.

SPAZI

I muri di questa città sono così sacri da punire con il carcere chi ci scrive sopra, eppure permettiamo che vengano coperti da migliaia di orrendi ed inutili cartelloni pubblicitari.
Nessuno ha mai richiesto l’installazione di una modella Vodafone alta 10 metri sul ponte Matteotti come nessuno ha mai richiesto la presenza di un graffito sullo stesso ponte.
E’ solo il denaro che giustifica la presenza di una cosa piuttosto che l’altra?
Mi piacerebbe che si usassero altri termini di valutazione per decidere cosa deve apparire nei luoghi pubblici.
“Dare spazi ai graffittari” non deve essere l’elemosina data con una mano mentre con l’altra si cancella ogni dipinto dalla città.
Bologna, come ogni altra grande città, è piena di edifici tristi e deprimenti frutto di un edilizia senza regole e molto più degradanti di una scritta sul muro.
Un simbolo di questo degrado,secondo me, è il complesso di Borgo Masini.
Ai piedi del parallelepipedo grigio che ora troneggia sopra ponte Stalingrado c’era un muro che aveva fatto la storia dei graffiti in Italia,quel muro è crollato inseme ad una parte del ponte durante i lavori di costruzione di Borgo Masini, segnando prepotentemente la fine di un
luogo dedicato all’arte per lasciare il posto a un semplice quanto triste monolite grigio.
A Bologna ci sono luoghi talmente squallidi che anche tirando un secchio di vernice sul muro si migliora la situazione, è in questo luoghi che si capisce veramente il potenziale dei “graffiti” e dell’arte pubblica.
Ma per cambiare la faccia a questi luoghi non basta la volontà dei ragazzi, serve l’aiuto e l’interesse delle istituzioni.
Elemosinare non serve, la creatività e l’ingegno dei giovani sono materie prime come l’acqua, il petrolio, la mortadella e i tortellini,vanno scoperte prima che si disperdano in qualche altro Paese.

DEGRADO

Anche il degrado a Bologna è una materia prima molto preziosa e la campagna anti-graffiti è un altro di quei modi per spendere tanti soldi senza risolvere il problema.

L’arte urbana se viene integrata ed utilizzata nella città può essere una possibile soluzione a molti problemi di degrado.
Altrimenti rimarrà un altro dei tanti sfuggevoli problemi di ordine pubblico.

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