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BO-LAND OF THE LIVING DEAD: Vivere di ipocrisia e morire di lavoro - Francesco Caruso
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BO-LAND OF THE LIVING DEAD

pubblicato il Aug 11, 10:53 AM
Vivere di ipocrisia e morire di lavoro - Francesco Caruso

il manifesto 11 agosto 2007
VIVERE DI IPOCRISIA E MORIRE DI LAVORO *Francesco Caruso

Nicola da dieci anni ha ininterrottamente denunciato gli abusi e i saccheggi perpetrati dalla fondazione religiosa che gestiva l’istituto Papa Giovanni XIII, un vero e proprio manicomio al quale dopo la legge Basaglia, hanno semplicemente attaccato all’esterno il cartello Centro di Riabilitazione Psichica.
Il milione di euro mensili di denaro pubblico che la fondazione intascava da Regione e SSN finivano in attici superlussuosi, moto di grossa cilindrata, gioielli e alberghi a cinque stelle: la bella vita di monsignor Luberto, a cui tutti i politici locali si prostravano in occasione di ogni tornata elettorale.
Nel frattempo i lavoratori accumulavano 40 mensilità di arretrati, finendo dritti dritti nelle mani degli usurai legali – le banche – o illegali. E i malati di mente (o meglio, i malati di niente)? Accartocciati e abbandonati su materassi luridi, in stanze con porte e vetri sfasciati da anni, in corridoi nei quali la puzza di urina a volte è asfissiante.
Mesi e mesi di denunce, di ispezioni e interrogazioni parlamentari, ma alla fine lo scandalo vien fuori e per mons. Luberto e i suoi soci in affari scattano le manette.
Ora però sia i 320 malati di niente che i lavoratori rischiano di finire in mezzo ad una strada: sono immerso in questo disastro umano quando squilla il cellulare, è Franco, un vecchio compagno di Napoli che si vuol sfogare: hanno ucciso Angelo, è morto volando da un impalcatura, maledetti padroni, per risparmiare nemmeno le braghe gli hanno voluto dare, ma che cavolo fate lì in parlamento?

Cerco di rassicurarlo, solo pochi giorni fà abbiamo approvato in via definitiva la legge sulla sicurezza sul lavoro di cui il compagno Augusto Rocchi è stato relatore. Ma non vuol sentire chiacchiere, “di chiacchiere ne abbiam sentite tante in questi anni, ora ci vogliono i fatti”. Ma più fatti di così?
Non sò proprio cosa fare, e la rabbia si infittisce, con le orecchie protese agli sfoghi del buon Franco e gli occhi fissi sui disastri del Papa Giovanni. E’ in mezzo a questi disastri mi vien fuori una parola, secca e devastante: assasini, diretta ai responsabili di questo e quel disastro, ma null’altro che uno sfogo incontrollato.
Ma chi sono gli assasini? Mons.Luberto? non proprio. Gli imprenditori senza scrupoli che per ingrossare i loro profitti tagliano su salari, condizioni e sicurezza sul lavoro? Forse. Di certo non c’entrano Tiziano Treu e Marco Biagi, non foss’altro per il semplice e incontestabile dato che sia il cosiddetto pacchetto Treu che la legge 30 non esistono certo per responsabilita’ di chi ha tecnicamente contribuito a scriverle quanto piuttosto per la volonta di un’intera classe politica e degli interessi forti che la sorreggono.
Allo sfogo incontrollato segue il delirio, il delirio di una criminalizzazione che assimila il diritto di critica all’uccisione di Marco Biagi. Non voglio che persone che hanno subito tragici dolori in qualche modo possano sentirsi offese dalle mie parole, ancorché fraintese. Se ciò fosse accaduto non c’è bisogno di qualcuno che formuli scuse al posto mio, ma lo posso fare e lo faccio anche da solo.
Resta però il fatto che di fronte all’impressionante numero di morti sul lavoro è necessario individuare delle responsabilità politiche, altrimenti ci prendiamo in giro e possiamo anche dire che l’infinita strage di morti bianche è solo frutto del caso o della sfortuna che casualmente si accanisce contro la classe lavoratrice.
Non vorrei che tanto scandalo da parte dei professionisti della politica serva forse anche ad autoassolversi dalla responsabilita’ di aver acceso il semaforo verde a politiche liberiste i cui effetti sono disastrosi e talvolta mortali e che quindi il facile e sempre più diffuso “tiro al caruso” e’ legato alla necessita’ di occultare l’aspetto di fondo, drammatico e inquietante, della vicenda: che l’incredibile e tragico bilancio dei morti sul lavoro non sono solo una questione di “mancati controlli”, ma anche conseguenza di queste leggi che rendono il lavoro sempre piu precario e pericoloso, norme che producono rapporti di lavoro deregolamentati e non garantiti, annullando in tal modo la possibilita’ di resistere, di denunciare, di rifiutarsi e sottrarsi a condizioni lavorative insalubri o insicure.
Piero lavora 8 ore al giorno all’alfa di Pomigliano a pulire i filtri, entra in fabbrica con la faccia bianca ed esce a fine turno come un bingo-bongo, per dirla alla Calderoli: ma il viso a casa può lavarselo, i polmoni un pò meno. Non vuol morire a 50 anni come i suoi colleghi che l’hanno preceduto in quel lavoro di merda, per questo ha chiesto una mascherina e qualcos’altro, per lui e i suoi compagni di lavoro.
Dopo due settimane, allo scadere del contratto,guarda caso non gliel’hanno più rinnovato.
Cerco di consolarlo, almeno campi altri 50 anni, ma la sua preoccupazione non è il domani, ma il ricatto dell’oggi, della precarietà e della disoccupazione, del portare il piatto a tavola per i suoi 2 figli e come arrivare al domani e non a fine mese.
Ciò detto, mi sembra quasi banale ribadire una cosa che non è patrimonio o elaborazione personale ma frutto di una convinzione diffusa ed elaborata, nei partiti (di sinistra), nei movimenti, nella società civile, nei, si diceva una volta, sinceri democratici:che la precarietà e la flessibilità nei rapporti di lavoro sono giunti a livelli tali da trasformare il lavoratore in un moderno schiavo.
Parlo delle misure introdotte con il famoso pacchetto Treu e giunte al loro apice con la cosiddetta legge 30.
C’è un rapporto tra questa progressiva riduzione del sistema dei diritti e delle garanzie del lavoro e l’impressionante numero di incidenti (circa un milione) e di morti (circa 1.300 l’anno) che avvengono sui luoghi di lavoro?
Dispone un lavoratore atipico, a tempo, a chiamata, interinale, a partita iva, sommerso, in concreto e nella forma degli stessi diritti (e dello stesso salario) di un lavoratore contrattualizzato e a tempo indeterminato?
E’ evidente, credo, che se un lavoratore non difende se stesso perché vittima di precarietà e ricatti, non saranno sufficienti, pur necessari e indispensabili, gli ispettori del lavoro. I lavoratori devono, per poter difendere i propri diritti sindacali, avere la possibilità di non dovere abbassare la testa di fronte al padrone.
Abrogare questo la legislazione sulla precarietà (a cominciare dalla legge 30) e ridare dignità e diritti alle lavoratrici e ai lavoratori precari è uno dei punti del programma di centrosinistra (certo con molti, troppi, tentennamenti), e, di certo, una pietra angolare dell’azione politica del Prc. Lavorare perché ciò avvenga è un mio preciso dovere etico, prima ancora che politico.
Molti esponenti politici si indignano perché sostengono che volere abrogare la legge Biagi è come dare ragione a chi l’ha ucciso. Questi stessi esponenti politici, che non hanno argomenti per giustificare come si possa vivere con 700 euro al mese, con contratti a progetto, sono gli stessi che non gli hanno concesso la scorta e che una volta morto lo hanno ampiamente strumentalizzato come “scudo umano” per difendere la loro riforma del mercato del lavoro da qualsiasi genere di critica e opposizione.
Per questo motivo d’ora in poi non parlerò mai più di Biagi e legge Biagi, ma di legge 30 per essere libero di contestarla con l’asprezza e la radicalità necessaria, senza che questo passi per una giustificazione più o meno diretta dell’assassinio di Marco Biagi.
Mi dicono che per far politica, ci vuole anche una buona dosa di ipocrisia e questa purtroppo è una dote che mi manca, la stessa dote che forse a qualcun altro abbonda.
L’allora Ministro degli interni, l’on. Claudio Scajola, che pubblicamente ne tesseva le lodi, in una conversazione privata, intercettata da alcuni giornalisti, lo definì «un rompi..». Sull’onda delle proteste si dimise, per poi tornare, nell’indifferenza generale, nuovamente ministro, ma di una altro dicastero.
Ma ciò che mi preoccupa non è l’ipocrisia del centrodestra, ma le paure del centrosinistra ad affrontare il tema delle morti bianche e della sicurezza sul lavoro. Abbiamo votato in parlamento una buona legge sulla sicurezza sul lavoro, ma questa è condizione necessaria ma non sufficiente per combattere le stragi sul lavoro. La sicurezza non può prescindere dalla forma di contratto che hai, della dignità che il rapporto di lavoro ti consente di rivendicare.
Per questo, a sinistra innanzitutto, non basta commuoversi per i morti sul lavoro. Bisognerebbe forse semplicemente ricordarsi che l’uomo non è una merce e che il mondo non può essere ridotto a mercato. E forse per questo finalmente bisognerebbe cominciare ad abrogare la legge 30, proprio per rispetto ai morti che ci sono stati, proprio perché di morti non ne vogliamo più.