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BO-LAND OF THE LIVING DEAD: L’ “indifferente giuridico” e “libertà” di stupro
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BO-LAND OF THE LIVING DEAD

pubblicato il Aug 27, 10:08 AM
L’ “indifferente giuridico” e “libertà” di stupro

Venerdì, 24 Agosto 2007
L’ “indifferente giuridico” e “libertà” di stupro

Parte della dottrina internazionalistica ritiene che la guerra non può essere valutata giuridicamente. Di essa può darsi tutt’al più un giudizio politico o morale, ritenendola giusta o sbagliata in base agli scopi che essa persegue. Ma dal punto di vista giuridico, la guerra non è né lecita né illecita, è indifferente (CONFORTI). La guerra sarebbe pertanto “l’indifferente giuridico”.Dello stesso avviso non è altra parte della dottrina, secondo la quale, anche successivamente all’intervento armato il diritto continua – e deve continuare – a fare la sua parte.Difatti, scatenata la guerra entra in vigore tutto il corpo di regole che compongono il cd. diritto umanitario di guerra (ad es. la Convenzione di Ginevra), che ha lo scopo di evitare che qualsiasi atrocità perpetrata dai belligeranti possa considerarsi lecita solo perché è in atto una guerra. Al di là dei dibattiti dottrinali, occorre domandarsi se allo stato attuale in tempo di guerra tutto possa essere considerato lecito, o se vi sono alcuni comportamenti che debbano comunque essere considerati illeciti e puniti. Bisogna domandarsi insomma, se la guerra sia veramente l’ “indifferente giuridico”.Recentemente, ha fatto scalpore la notizia della condanna a 110 anni di carcere inflitta ad un soldato americano (Spielman), reo di aver stuprato una ragazza irachena e aver partecipato alla strage della sua famiglia.La notizia di questa condanna ha per molti rappresentato il segnale di un’inversione di tendenza nella direzione di una più rigorosa tutela dei diritti umani. A quanto parte i vertici U.S.A. avrebbero iniziato a darsi da fare non solo per impartire ai propri soldati l’addestramento militare, ma anche il rispetto dei diritti umani delle popolazioni da loro aggredite.In realtà il clamore suscitato è del tutto ingiustificato. Come illustrato dal giurista olandese Röling, nella punizione dei crimini commessi in tempo di guerra occorre operare una distinzione tra gli episodi di “criminalità individuale” e quelli di “criminalità sistemica”.Si ha “criminalità individuale” quando un soldato compie un illecito “a titolo personale”, senza che i suoi superiori gli abbiano dato un ordine di agire, e per un “vantaggio individuale”: stupra una ragazza della popolazione offesa, tortura un prigioniero, uccide un civile ferito, ecc., in virtù di una sua libera scelta, e per mera crudeltà. Configura invece l’ipotesi di “criminalità sistemica” quando gli illeciti vengono compiuti in esecuzione di un programma politico (sono ordinati, istigati, sollecitati o tacitamente approvati dalle autorità) o comunque avvengono su larga scala, ad esempio bombardamenti su centri abitati, tortura o sottoposizione dei prigionieri a trattamenti inumani o degradanti, attacchi a militari che causano una sproporzionata perdita tra i civili, ecc.Delle due ipotesi appena illustrate, la c.d. “criminalità sistemica” rappresenta decisamente la più grave. Difatti il carattere “sistemico” dell’illecito conferisce allo stesso una connotazione ulteriore di fronte al diritto: quella di “crimine contro l’umanità”. Ciò si deduce dallo Statuto della Corte Penale internazionale (adottato a Roma nel 1998) in virtù del quale sono crimini contro l’umanità gli atti previsti all’art. 7 (ad es. omicidio, riduzione in schiavitù, tortura, violenza carnale, persecuzioni per motivi politici, razziali, religiosi, di sesso, ecc.) se perpetrati come parte di un esteso e sistematico attacco diretto contro una popolazione civile.Pertanto, lo stupro di una ragazza, se fa parte di un esteso e sistematico attacco, non è più un “semplice” stupro di una ragazza, bensì un “crimine contro l’umanità” e quindi dovrebbe essere sanzionato con maggiore rigore.E invece non è questa la prassi vigente nei Tribunali Militari.Difatti mentre nel caso di “criminalità individuale” le autorità sanzionano il colpevole con pene rigorose, nel caso di “criminalità sistemica” visto che sono quelle stesse autorità ad essere implicate, il fatto il più delle volte rimane impunito e addirittura nemmeno iniziano i processi.Oltretutto, in questi casi la parte del “cattivo” non la fa chi ha ordinato o commesso il crimine, ma chi ha osato denunciare il fatto alle autorità. Ciò è quanto è accaduto al soldato statunitense Darby che aveva consegnato alle autorità delle foto sui metodi adoperati nel carcere di Abu Graib, e che in patria è ora considerato un traditore. La “gogna” insomma viene riservata non al criminale, ma a chi denuncia il crimine!Tornando al caso Spielman, la condanna a 110 anni di prigione non rappresenta assolutamente un’inversione di tendenza, anzi la conferma di una prassi radicata da anni e che proprio non si riesce ad estirpare. Occorre infatti considerare che l’illecito di cui si è macchiato Spielman rientra nell’ipotesi di “criminalità individuale” e che comunque dopo appena 10 anni di prigione questi potrà usufruire della libertà condizionata.Insomma nulla di nuovo all’orizzonte! E la zona d’ombra rappresentata dall’ “indifferente giuridico” continua a prendere il sopravvento!