23/02/2007
STATI UNITI – In Texas, ormai, una famiglia su 51 si è vista pignorare la casa per impossibilità di pagare il mutuo.
Nel Colorado, il tasso di pignoramenti ha toccato una famiglia ogni 33.
In Ohio, solo fra ottobre e dicembre 2006, sono state pignorate il 3,3 % delle abitazioni.
La ricca California non sta meglio.
Come prevedibile, il grande crack americano sta cominciando dalle famiglie, indebitate ed insolventi, e ricade immediatamente sul settore immobiliare.
Nel 2006, dopo un aumento del tasso di insolvenza sui mutui del 46 %, si calcola che ormai una famiglia su 92 ha perso l’abitazione, sequestrata dai creditori.
Un milione e mezzo di sequestri, significa da 4 a 5 milioni di americani rimasti senza casa, contando 3-4 persone a famiglia.
Un impressionante fenomeno di massa.
Solo in gennaio le nuove costruzioni sono cadute del 14,3 %, e i prezzi sono crollati in metà degli Stati; nonostante questo, le case in offerta sono salite del 34 %, il doppio della media.
E’ l’esito finale della strategia, risalente ad Alan Greenspan, di drogare l’economia iniettando liquidità attraverso bassissimi tassi d’interesse, e la conseguente corsa del credito ad indebitare debitori poco solvibili, incitandoli a comprare case che non si potevano permettere offrendo mutui a tasso variabile.
Hanno prestato fino al 100 % del valore a gente («Sub-prime debtor») che ha semplicemente dichiarato di guadagnare tot, senza doverne nemmeno dare prova.
Li chiamano prestiti NINA (no income verification, no asstes), ossia niente verifica del reddito, niente garanzia solida.
Ora milioni di americani, magari con lavoro precario, e che si sono mantenuti consumatori insaziabili pignorando la casa, devono pagare mutui il cui valore supera quello dell’immobile comprato, e parecchio.
L’ ondata di fallimenti personali dolorosissimi si rifletterà immediatamente sulle banche.
Queste hanno concesso negli ultimi sei anni mutui e prestiti dubbi per 4,3 mila miliardi, ed ora hanno in cassa riserve per… 44 miliardi.
Ben Bernanke, il capo della FED, sta ripetendo che l’economia è rosea: ma ciò viene letto come un messaggio alle banche di non tagliare i fondi ai «subprime lender», a chi ha fatto credito a debitori dubbi, e agli hedge funds.
Perché poi toccherà a Wall Street: la Borsa suole seguire il crollo dell’immobiliare con un ritardo di sei mesi.
Il tutto sarà amplificato dall’amplissimo uso di derivati a forte leva che sono proliferati sul settore del credito immobiliare, come i Credit Default Swaps, presunte «assicurazioni» contro i fallimenti.
Il deficit dei conti correnti (che include il deficit commerciale), che corre al livello di 800 miliardi di dollari l’anno, richiede che gli USA possano attrarre capitali esteri (vendendo Buoni del Tesoro o obbligazioni) al ritmo di 70 miliardi di dollari al mese.
Venerdì 16 febbraio è stato ufficialmente annunciato che lungi dal verificarsi questo afflusso di capitali, s’è registrato un «deflusso» di 11 miliardi di dollari fuggiti all’estero.
A dicembre 2006 era stato quasi lo stesso: non solo l’acquisto di titoli del debito americano s’è fermato a dicembre, ma i ricchi del Paese avevano aumentato l’acquisto di titoli e obbligazioni estere di 9 miliardi di dollari.
Fuga di capitali da panico.
L’oro è schizzato a quasi 700 dollari l’oncia, il massimo da nove mesi.
Ciò induce una potente spinta al ribasso del dollaro, e prelude ad un rincaro drammatico dell’euro.
Ciò non è ancora avvenuto perché Cina e Giappone (che detengono insieme 1,7 mila miliardi di dollari in valuta, azioni e titoli USA) non possono permettersi di vedere sparire questa loro montagna di ricchezza cartacea, e dunque sostengono disperatamente la moneta USA.
Ma questa obbligata generosità sta già mostrando i limiti, appunto col blocco degli acquisti di titoli di debito a dicembre e gennaio.
Ormai, la FED ha solo una strada davanti: per attrarre denaro straniero, deve drammaticamente rincarare i tassi sui suoi Buoni del Tesoro a compensare lo scivolamento del dollaro.
Ma naturalmente, un rincaro dei tassi avrà un effetto ulteriormente devastante sui mutui «a tasso variabile».
Altri milioni di americani, forse dieci o forse più, saranno strangolati dai ratei, mentre ridurrà il PIL a numeri passivi.
In altre parole, gli americani stanno per essere stritolati, come fra due ruote di molino, tra due crisi correlate ma distinte: una crisi monetaria e una crisi economica, ossia tra una iper-inflazione e una recessione.
Come nella grande crisi del ‘29, questa è aggravata – e in essenza provocata – dall’aumento dell’iniquità sociale, in altre parole dalla scarsa retribuzione del lavoro (che ha guadagnato in produttività non compensata) rispetto alla scandalosa retribuzione del capitale.
Dal 1920 al 1929, il capitale spendibile pro capite crebbe del 9 %; ma l’1 % della popolazione più ricca ebbe un aumento del 75 % pro capite.
Tra il ‘23 e il ‘29, il prodotto industriale per lavoratore crebbe del 32 %, ma i salari solo dell’8 %.
Questa iniquità è la causa radicale delle bolle speculative e delle follie finanziarie dei super-ricchi cui abbiamo assistito, come dell’aumento delle spese a credito per i meno fortunati.
Allora seguì un decennio di depressione globale.
Il sito francese «Europe 2020» prevede il convergere di numerose crisi concomitanti capaci di produrre la crisi sistemica mondiale per aprile.
In particolare: – Un rialzo ulteriore e spettacolare dei sequestri di case: 10 milioni di americani sul marciapiede. – Accelerazione del ritmo delle bancarotte di società finanziarie in USA: attualmente sono in media una al mese, in aprile potrebbero essere una al giorno. – Calo dei prezzi immobiliari del 25 % in USA. – «Rovesciamento» del carry-trade (il carry trade è il trucco per cui gli speculatori globali prendono in prestito yen al tasso dello 0,25 % e li investono in Paesi, come Lettonia, Nuova Zelanda e Ungheria, dove rendono l’11 %). – Crollo brutale del dollaro rispetto all’euro, allo yen e allo yuan. Caduta della sterlina. – Vendite cinesi di dollari USA. – Possibile guerra commerciale tra USA e Cina.
In realtà, il segretario del Tesoro Hank Paulson (ex Goldman Sachs) ha appena stabilito una linea di comunicazione «calda» con le autorità monetarie di Pechino per rispondere in modo immediato e concertato a improvvisi mutamenti del mercato e crolli del dollaro, ed ha concordato di nuovo il «Plunge Protection Team», il segretissimo concilio di capi finanziari pubblici e privati che deve inventare qualche nuovo trucco per proteggere dal «tuffo»
temuto (plunge) l’economia globale, manipolando le azioni attraverso la leva dei derivati.
Vedremo cosa sapranno inventare questa volta.