Contro i compagni di “velluto”
ALESSANDRO MONTANARI Beffati dal successo della manifestazione di Vicenza, che alla fin fine ha ottenuto soltanto di consegnare il Governo ai democristiani, i movimenti dell’estrema sinistra tornano oggi in piazza per “imporre” all’esecutivo la chiusura dei Cpt. Teatro del corteo: Bologna, città simbo- lo dell’evoluzione riformista del… ... comunismo italiano, ovvero del processo che l’antagonismo di sinistra vuole impedire che intraprendano anche i partiti della cosiddetta sinistra radicale.
È innegabile infatti che con l’insediamento del sindaco Cofferati il rosso splendente di “Bologna la Rossa” sia sbiadito parecchio, e certo non è per una coincidenza casuale se per la mobilitazione nazionale contro le carceri degli immigrati – così vengono definiti i Cpt – l’area antagonista ha scelto proprio il capoluogo emiliano. Con una serie di colpi di teatro infatti “il Cinese”, presto ribattezzato “il Cileno”, è riuscito a diventare la bestia nera di disobbedienti, no global e centri sociali che malsopportano la consacrazione del primo cittadino al tema della legalità. L’ex leader della Cgil ha varato la linea dura con i lavavetri e le baraccopoli, ha espresso giudizi severi sulle occupazioni e le spese proletarie e due giorni orsono ha bollato come “inopportuna” la lezione tenuta dall’ex brigatista rosso Renato Curcio in un centro sociale cittadino. Che la marcia contro i lager degli immigrati si tenga a Bologna, dunque, è una scelta politicamente indicativa e che qualifica il capoluogo emiliano come un luogo da riconquistare.
Il vero bersaglio di disobbedienti e no global, tuttavia, non è la sinistra che ha già mutato pelle, ma quella che sta per mutarla. In altre parole: quelli che oggi okkuperanno Bologna non ce l’hanno tanto col riformismo della sinistra moderata quanto piuttosto con il neo-riformismo felpato e strisciante di quell’ala radicale che crede di poter dire “no” a Vicenza e votare “sì” a Roma senza che nessuno reagisca. Il problema politico, testimoniato dalla gestione sovietica del “caso Turigliatto”, espulso senza troppi scrupoli dal Prc (ma solo dopo che costui aveva provveduto a garantire la sopravvivenza del Governo Prodi con il proprio voto), è principalmente di Rifondazione Comunista ma in parte anche del Pdci lealista di Oliviero Diliberto e dei Verdi del sottosegretario ex-no global Paolo Cento. Quelli che già il 17 febbraio scorso a Vicenza li avevano apostrofati con giudizi non troppo lusinghieri avranno oggi un motivo in più per ribadire il concetto, visto che si è appena appreso – l’ha scritto Repubblica – che la bonifica dei terreni del Dal Molin, primo passo per la costruzione della base, partirà a giorni.
Consapevole della frattura creatasi con i movimenti, Rifondazione ha messo la sordina alla manifestazione. Liberazione, quotidiano del partito, ieri non dedicava nemmeno un titolo alla mobilitazione di Bologna quando prima di Vicenza le stesse colonne suonavano l’adunata. Evidentemente qualche cosa è successo. È successo, a nostro giudizio, che i movimenti sono sfuggiti al controllo dei partiti e che adesso pretendono di incassare quanto gli era stato promesso in campagna elettorale. Diretta conseguenza del vero conflitto politico che animerà questo pomeriggio in piazza Nettuno è il clima di tensione che si sta diffondendo in città. Come recita un volantino del centro sociale bolognese Tpo, infatti, quella che i disobbedienti stanno preparando è “una giornata che imponga all’agenda del Governo la chiusura di queste carceri, lager della nostra epoca”. “Imporre” è un verbo forte e forse allude ad azioni eclatanti. Pacifiche? Democratiche? Si vedrà. Di certo il popolo dei disobbedienti non ha preso bene la restrizione del percorso del corteo imposta dalle autorità. I manifestanti non potranno transitare da Piazza Maggiore e soprattutto non potranno sfilare dove più volevano, cioè davanti al Cpt di via Mattei. Ieri mattina tra i no global circolava una nota che invitava – testualmente – “a insubordinarsi”. I movimenti sostengono infatti di essere stati “posti sotto un limite preventivo e restrittivo da parte della Questura di concerto con la giunta”, parlano di “un editto di obbedienza” e di “un atto di arroganza”. Quindi invitano tutti i partecipanti a “resistere a coloro i quali vogliono far diventare Bologna una città piena di zone rosse, divieti, controlli e pratiche disciplinari”.
Come l’inedita amnesia di Liberazione suggerisce, la presenza di deputati e senatori di Rifondazione, Pdci e Verdi in mezzo al corteo appare molto improbabile. Prodi, Bertinotti e Giordano non gradirebbero, ma la sensazione è che nemmeno i manifestanti accoglierebbero gli onorevoli con lanci di petali di rosa. Qualcuno, però, una capatina a Bologna potrebbe anche farla. Il signor Turigliatto, ad esempio, che con la sua vicenda umana, allo stesso tempo esemplare e sacrificale, è diventato il simbolo di un comunismo coerente che non c’è più ma che rischia di rinascere da una costola di Rifondazione. Sinistra Critica, corrente d’appartenenza del senatore punito dal Prc, non ha gradito la brutalità del trattamento riservato al compagno e certo ne condivide le tesi e ne ammira il comportamento. Come molti dei giovani iscritti del partito che alla favola del partito di lotta e governo cominciano a non crederci più. E che hanno voglia di farlo sapere.
[Data pubblicazione: 03/03/2007]