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BO-LAND OF THE LIVING DEAD: La Jihad amerikana in Europa
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BO-LAND OF THE LIVING DEAD

pubblicato il Sep 7, 08:07 AM
La Jihad amerikana in Europa

In America non vi è nessun terrorista (al di fuori del governo), nessuna cellula dormiente di al Qaeda, nessun musulmano fanatico che trama morte e distruzione perché odia le nostre libertà . In America, ai veri terroristi è permesso chiedere asilo politico (Luis Posada Carriles), mentre sventurati musulmani non terroristi vengono arrestati, viene loro negata la libertà provvisoria e vengono definiti delle minacce alla sicurezza nazionale.

Kurt Nimmo – 2 luglio 2005 – Premessa

Mentre la stampa controllata e la letteratura standard su al Qaeda, cioè la rete militante islamica, pretende di descrivere estensivamente le attività dei terroristi in tutti gli altri continenti (l’ultima è la bufala della ‘cellula di Lodi’, in California), l’area di impiego dei jihadisti europei è stata largamente ignorata. In particolare, durante la guerra civile in Bosnia, diverse migliaia di musulmani dai paesi arabi e dall’Iran hanno combattuto a fianco dei loro fratelli di religione contro serbi e croati. Come durante gli anni ‘80 in Afghanistan, l’amministrazione USA, in violazione dell’embargo ONU sulle armi, ha fornito armamento sofisticato, addestramento e finanziamenti ai terroristi islamici.

Ma la vicenda non si è ancora conclusa ed n Europa continuano tuttora ad operare dei terroristi ‘islamici’ e dei combattenti ‘jihadisti’, mentre la cosiddetta ‘al Qaeda’ è in realtà più una invenzione di PR della politica estera degli USA che un’organizzazione effettivamente attiva, specialmente dal momento che molti dei principali terroristi sono sospettati di operare anche per agenzie di intelligence occidentali. – I mercanti di paura

“Ci sono fondamentalisti e terroristi che hanno dichiarato la jihad all’Europa ed all’occidente”. Questa è una frase tipica di coloro che vogliono fomentare lo ‘scontro di civiltà ’ in nome delle ‘radici cristiane dell’Europa’, l’odio e la paura nei confronti di un ‘nemico islamico’ inesistente per nascondere agli occhi della popolazione l’identità del vero nemico; una tecnica propagandistica vecchia quanto il mondo utilizzata per giustificare l’inganno della ‘guerra al terrorismo’ e la repressione del dissenso. La creazione di un nemico immaginario serve a distogliere la popolazione dalla percezione del vero nemico per portare a termine il progetto di globalizzazione capitalista.

L’islamofobia è la costruzione mediatica di un pericolo inesistente per legittimare la partecipazione italiana alla guerra al terrorismo. Tanto clamore e tanta ansietà riversata sul pubblico dei mass media per gettare gli italiani, assieme a tutti gli europei, nel panico. Serve assolutamente che la gente si convinca di un reale pericolo islamico all’interno dell’Italia, perché si rompano gli indugi e si sposi con convinzione e con la necessaria carica emotiva la causa delle guerre imperialiste e si avverta la necessità di maggiore ‘sicurezza’ per l’approvazione di leggi liberticide.

Gli arresti, in tutta Europa, di miseri immigrati musulmani sbandierati come ‘eliminazione di cellule di al Qaeda’ si sono rivelati per quello che erano: bufale propagandistico-poliziesche. Le esagerate dichiarazioni di sedicenti ‘esperti’ di terrorismo su cellule dormienti di al-Qaeda, collegamenti al Qaeda-noglobal, quinte colonne del terrorismo islamico formate da europei convertiti all’Islam ecc. sono tutte insensatezze che avrebbero lo scopo di provare che il pericolo islamico è presente anche in Italia ed in Europa ed è pronto a colpire in mezzo alla popolazione, grazie alla sua organizzazione economica e logistica molto efficiente.

Le relazioni dei servizi segreti americani, riprese pappagallescamente dai ‘nostri’, informano che i musulmani sono personaggi “notoriamente fanatici , che pregano molto, frequentano molto le moschee, fanno discorsi arrabbiati contro le società occidentali e le ingiustizie sociali, sono sicuramente stati in contatto con elementi della Bosnia durante quella guerra, istigano alla violenza, sicuramente odiano gli americani, Mac Donald’s e sono pronti a tutto”.

Certamente vi sono dei gruppi clandestini islamici, come anche occidentali, genuini che vorrebbero far saltare in aria America ed Europa (come il gruppo sgominato in Egitto che voleva mandare contro obiettivi americani dei piccioni viaggiatori carichi di esplosivo), ma più che qualche atto dimostrativo di singoli o di pochi individui nelle loro zone di provenienza non possono compiere, perché, appena cercano di raggiungere una dimensione operativa di un certo livello che gli permetta di eseguire dei progetti sofisticati, vengono inevitabilmente infiltrati dai sevizi segreti e di conseguenza non possono compiere grandi attentati.

Anche la storia recente del nostro paese dimostra infatti che dietro ogni attentato di una certa dimensione compaiono i servizi segreti, per depistare o inviare e/o sopprimere testimoni ed indagati all’estero, e sulle indagini viene posto il segreto di stato. E’ storia che la stessa rete Gladio-Stay Behind era specializzata nell’infiltrare organizzazioni di sinistra e farle diventare dei gruppi terroristici. E’ una tecnica tipica dei servizi segreti (non certo ‘deviati’) di tutto il mondo, che risale alla notte dei tempi che viene messa in pratica attualmente in varie parti del mondo ed in ciò non vi è nulla di nuovo sotto il sole.

– L’operazione Ciclone

E’ ampiamente documentato che il terrorismo ed il fondamentalismo islamico siano degli strumenti della politica estera degli USA. Mentre la propaganda di regime demonizza l’Islam religioso, gli americani appoggiano vigorosamente l’Islam politico, ad esempio la monarchia saudita e diversi altri regimi islamici.

Il fondamentalismo musulmano trae origine dal wahhabismo, un movimento estremista, puritano e violento emerso, con il pretesto di ‘riformare’ l’Islam, nell’area centrale dell’Arabia nel 18° secolo. La setta, come pure il movimento wahhabita dei Fratelli Musulmani sorto nel 1928 ed altri movimenti estremisti, fu creata dai massoni britannici per favorire le mire imperiali britanniche, in base al noto principio del ‘divide et impera’. Infatti, il wahhabismo si identifica con la casa di Saud, regnante in Arabia Saudita, per cui la loro esistenza è strettamente interrelata. La sopravvivenza della dinastia saudita è a sua volta garantita dagli anni ‘30 dagli accordi con le società petrolifere americane e quindi dal governo USA. E’ necessario tenere sempre presente questo legame di interdipendenza quando si parla di ‘operazioni’ organizzate dai sauditi.

Tuttavia, fino al 1979, il terrorismo ed il fondamentalismo islamico erano sempre stati problemi marginali, soprattutto per i paesi occidentali, mentre nei paesi arabi i fondamentalisti erano stati emarginati politicamente dai movimenti nazionalisti in lotta contro il colonialismo.

Attualmente i ‘mercanti di paura’ identificano tutto l’Islam con il wahhabismo, ovvero ‘Islam politico’, per giustificare la teoria dello ‘scontro di civiltà ’, mentre in realtà tutto ciò pare più coincidere con i dettami della dialettica hegeliana sulla creazione di due forze antagoniste. La elite statunitense ed i suoi lacché europei, nei fatti sostengono attivamente il wahhabismo, che affermano essere il principale nemico dell’occidente libero e democratico, per fare avanzare la loro vera agenda: il cosiddetto ‘Nuovo Ordine Mondiale’, un concetto proclamato per la prima volta dal Presidente GHW Bush I l’11/9/1990.

Il 3 luglio 1979, sei mesi prima dell’invasione sovietica dell’Afghanistan, il Presidente J. Carter firmò la prima direttiva per l’aiuto segreto agli oppositori del regime filo sovietico di Kabul. Questa era anche un’operazione regionale, non limitata all’Afghanistan. Il piano della CIA era di destabilizzare l’Unione Sovietica con la diffusione del fanatismo islamico attraverso le repubbliche sovietiche musulmane dell’Asia centrale. Tra il 1980 ed il 1989, fece affluire circa 6 miliardi di dollari (alcune stime arrivano a 20 miliardi di dollari) in armi, munizioni, reclutamento, la costituzione di un’estesa rete di madrassa (scuole coraniche), addestramento, alimentazione ed armamento delle reclute. L’Arabia Saudita contribuì in pari misura e generose donazioni arrivarono anche dal Dipartimento di Stato USA, da governi occidentali e da arabi facoltosi. L’intera operazione antisovietica, l’Operazione Ciclone, era quindi una guerra per procura diretta dalla CIA, che sul terreno era tenuta assieme dall’ISI pakistano (campi di addestramento e supporto logistico), ma arrivò anche un gruppo di esperti commando dello Special Air Service (SAS) britannico e consiglieri militari americani, mentre la Francia procurò addestramento alla sorveglianza, alle comunicazioni ed aiuto di pronto soccorso. Israele fornì armi come fucili, carri e persino pezzi di artiglieria catturati durante le sue varie guerre contro i paesi arabi, mentre Sudan e Algeria contribuirono con convinti mujahedin e motivazione religiosa.

Contemporaneamente, in Afghanistan venne avviata la coltivazione su larga scala del papavero da oppio per finanziare la guerra santa degli USA: il paese ne divenne il primo produttore mondiale per le raffinerie di eroina che vennero collocate in Pakistan, appena oltre il confine. La produzione di oppio afgano si gonfiò da 250 tonnellate nel 1982 a 2.000 nel 1989 ed in quegli anni Europa ed America vennero letteralmente inondate dall’eroina prodotta nella Mezzaluna d’Oro.

A Peshawar in Pakistan, vicino al confine con l’Afghanistan, si trovava lo sceicco Omar Abdel-Rahman, capo spirituale della Gamaat al-Islamiya egiziana, che si impegnò con i funzionari dei servizi segreti USA e pakistani che stavano orchestrando la guerra. Nonostante il suo messaggio antioccidentale e l’incitamento alla guerra santa, la CIA e gli uomini delle Forze Speciali di base in Pakistan consideravano lo sceicco una ‘risorsa preziosa’.

Il suo amico più stretto era lo sceicco Abdullah Azzam, un palestinese molto rispettato e membro della Fratellanza Musulmana ma collegato anche all’intelligence saudita ed alla Muslim World League, con sede alla Mecca, che venne ‘arruolato’ dalla CIA per unificare gli indocili gruppi ribelli che operavano a Peshawar. Era dunque una risorsa (asset) della CIA, che fino alla metà degli anni ‘80 viaggiò in lungo e in largo per gli Stati Uniti per reclutare volontari per la ‘guerra santa’. Secondo alcuni, più tardi, Azzam divenne uno dei fondatori di Hamas.Dopo che Azzam rimase vittima di un’autobomba nel 1989, la CIA si affidò di più allo sceicco Rahman per il reclutamento.

La CIA cercava anche un principe saudita che guidasse la sua crociata ma non riuscì a trovarne. Si accontentò così di Osama bin Laden, rampollo di una illustre famiglia collegata alla casa reale saudita. Bin Laden venne reclutato, con l’approvazione USA ai più alti livelli, dal principe Turki al-Faisal, allora capo dell’Istakhbarat, l’intelligence saudita. Così OBL emerse come organizzatore e sostenitore del ramo più rilevante della jihad americana. Il suo ruolo era proprio quello di ‘appaltatore militare privato’ per la CIA e le forze armate USA. Operò a stretto contatto con l’intelligence saudita e con il principe Salman, il governatore di Riyadh, nel finanziamento della jihad ed infine arrivò lui stesso a Peshawar. Ad OBL furono forniti centinaia di milioni di dollari con i quali egli acquistò in Arabia Saudita attrezzature pesanti da costruzione destinate ai campi guerriglieri dell’Afghanistan.

Sebbene OBL nel 1986 si sia recato anche in visita negli USA, in abiti occidentali, sbarbato e sotto il nome falso di Tim Osman, assieme ad Azzam visitava le moschee in Arabia Saudita ed in altri paesi arabi, incoraggiando la gente ad andare in Afghanistan a combattere a fianco dei mujahedin afgani e dicendo loro come arrivarci. E’ stato calcolato che in Pakistan arrivarono negli anni circa 100.000 volontari musulmani.

L’ostello che utilizzavano a Peshawar per ricevere i volontari diventò l’‘Ufficio Servizi’, il Mekhtab al Khidemat in arabo (abbreviato MaK), che organizzava i viaggi degli ‘arabi-afgani’ per e dall’Afganistan. La leggenda, ovvero la disinformazione, ufficiale afferma che, dopo che nel 1989 OBL ne assunse il comando, dal MaK sia quindi derivata al Qaeda, ‘La base’, mentre in realtà OBL svolgeva un ruolo puramente organizzativo, ed ‘al Qaeda’ era soltanto il nome assegnato alle registrazioni relative ai combattenti in entrata ed in uscita dall’Afghanistan. Secondo recenti rivelazioni, ‘al Qaeda’ era un database dell’intelligence americano, un file con migliaia di nomi di mujahedin reclutati dalla CIA. Probabilmente, si tratta di due modi diversi di esprimere lo stesso concetto, mentre la al Qaeda dei media controllati è stata una trovata di funzionari governativi USA che risale a meno di dieci anni fa per mascherare la realtà che si trova dietro alla ‘rete militante islamica’, cioè è una ‘dark illusion’, un ‘nightmare’.

Il ricco bin Laden pagava sia per gli ostelli che per l’ufficio del Mak, che divenne la centrale per uffici di reclutamento in 35 paesi, costituito sotto il nome al-Kifah (lotta). Vennero aperti uffici di al-Kifah in tutti i paesi del Medio Oriente, nel Regno Unito, in Francia, in Germania, in Scandinavia ed anche in 30 città degli Stati Uniti. L’al-Kifah Refugee Center di Brooklyn, New York, era il cuore della spinta al reclutamento negli USA.

In questo centro creato per trovare truppe fresche per i mujahedin, durante gli anni ‘80 arrivarono molti arabi, e musulmani in generale, ma anche veterani della guerra santa in Afghanistan, molti di loro con passaporti predisposti dalla CIA. Il centro al-Kifah, utilizzato anche per raccogliere finanziamenti, fu fondato a meta degli anni ‘80 dall’egiziano Mustafa Rahman e dallo sceicco Rahman, che ora era in possesso della carta verde USA, poi condannato per l’attentato al World Trade Center del 1993. Il centro, un ‘CIA front’ per i mujahedin diretti in Afghanistan, dopo la Guerra Fredda venne utilizzato per reclutare volontari per la jihad bosniaca.

Molti della ‘cellula’ del primo attentato al WTC erano passati per l’al-Kifah, uno di loro era pure un informatore dell’FBI e la bomba era stata confezionata con esplosivo messo a disposizione dai federali (una ‘dry run’ per il 2001). Ma dal processo emerse anche che il governo saudita aveva promosso uno sforzo di conversione all’Islam delle truppe americane dislocate in quel paese e che in seguito si cercò di convincere molti ex militari o militari USA prossimi al ritiro ad unirsi alle truppe della jihad. Il programma venne portato avanti da americani convertiti che gravitavano anche loro attorno all’al-Kifah di Brooklyn.

Al primo piano del centro si svolgeva l’addestramento militare, mentre nella moschea al secondo piano i ‘fedeli’ ascoltavano gli infiammati sermoni dello ‘sceicco cieco’ Rahman e di altri.

La propaganda dei media controllati definiva i mujahedin ‘combattenti della libertà ’. Nel 1985, sul prato della Casa Bianca, il Presidente R. Reagan presentò ai media con grande fanfara un gruppo di afgani, tutti capi mujahedin, dicendo: “Questi signori sono l’equivalente morale dei padri fondatori dell’America”.

Ma per la maggior parte i mujahedin erano degli autentici tagliagole, dei mercenari (a 1.500 dollari al mese) che svolgevano meramente il ruolo di carne da cannone per le guerre dello Zio Sam ed alcuni di loro erano degli ambigui personaggi che aiutano a capire cosa c’era dietro in realtà (a meno che non si voglia essere dei ‘teorici delle coincidenze’).

Uno di questi è certamente Ali Mohammed, in seguito capo della sicurezza di bin Laden. Mohammed, ex ufficiale egiziano arruolato dalla CIA, all’inizio degli anni ‘80 emigrò negli USA, divenne sergente delle Forze Speciali (a Ft. Bragg, dove era istruttore speciale alla JFK Special Operations Warfare School, teneva anche conferenze sul terrorismo islamico), andò a combattere in Afghanistan, fece da informatore per la CIA e l’FBI e fu utilizzato come istruttore all’Al-Kifah Refugee Center. Ali Mohammed venne poi arrestato e processato in quanto ‘ideatore’ degli attentati alle ambasciate USA in Kenya e Tanzania (attribuiti a OBL), ma l’entità della pena comminatagli è tuttora un segreto. Evidentemente, il suo ruolo era quello di collegamento tra i servizi segreti USA ed i fondamentalisti islamici.

L’Operazione Ciclone non era però un’operazione puramente militare: una parte importante della stessa consisteva nell’indottrinamento e nel lavaggio del cervello di future generazioni di musulmani da trasformare in guerrieri della jihad americana.

Infatti, dopo che nel 1981 Reagan arrivò alla Casa Bianca, il piano venne imperniato sulla produzione di un centinaio di migliaia di fanatici religiosi che combattessero contro gli ‘empi russi’. Si stima che nel 1979 il numero delle madrassa (scuole coraniche) fosse attorno al migliaio. La maggior parte di queste scuole puntavano all’istruzione formale di teologia islamica. Tra il 1983 ed il 1988, l’assistenza della CIA aveva aiutato ad istituire 1.891 nuove madrassa. Quelle nuove fungevano da campi di addestramento alla guerriglia, producendo una media di almeno 50 ‘diplomati’ l’anno pronti per il campo di battaglia, cioè circa 100.000 mujahedin. Viene stimato che OBL da solo abbia reclutato, finanziato ed addestrato altri 35,000 non afgani.

Nel 1983 l’Università del Nebraska, USA, con un finanziamento di 51 milioni di dollari dell’USAID, si unì alla guerra dei mujahedin contro l’Armata Rossa. Il Centro per gli studi sull’Afghanistan dell’università produsse testi in lingua pashtu e dari per indottrinare i bambini afgani al fanatismo ed all’intolleranza. Questi ‘libri della jihad’ vengono ancora oggi inviati in Afghanistan, sempre a spese dei contribuenti americani.

Le stazioni USA Radio Liberty e Radio Free Europe si dedicarono alla propaganda fondamentalista islamica nelle regioni dell’Asia centrale, per far arrivare il messaggio della jihad anche alle popolazioni all’interno dei confini dell’Unione Sovietica.

Appare evidente che la jihad continui ancora oggi. Non è un grande mistero dunque del perché la U.S. Agency for International Development (US AID) continui anche oggi a finanziare queste ‘madrassa’ che producono guerrieri santi per posti come la Bosnia, il Kosovo e la Macedonia. Infatti, nel 2003 gli USA hanno donato 100 milioni di dollari da spendere in cinque anni per il sistema scolastico pakistano, comprese le sue scuole religiose, le madrassa, ‘nonostante siano state accusate di essere terreno di coltura dell’estremismo islamico’. L’USAID si occupa della formazione degli insegnanti e della riforma dei curricoli.

Dopo la caduta del regime socialista di Kabul nel 1992 (i sovietici si erano già ritirati nel 1989), il surplus di jihadisti venne rilasciato dal Pakistan in direzione del Kashmir. Altre destinazioni comprendevano la Bosnia, la Cecenia, il Tagikistan, l’Indonesia, le Filippine e parti del Medio Oriente.

– Lo Zio Sam nei Balcani

Lo strumento per la penetrazione USA nei Balcani era già pronto: il fondamentalismo islamico, arma geopolitica per eccellenza di Washington, con la sua armata di estremisti e narco-terroristi pronti a tutto.

Nel 1989 il Segretario di Stato James Baker disse, riferendosi ai Balcani, che gli USA non avevano ‘nessun cane in questo combattimento’. Questa mancanza di interessi, probabilmente legata all’imminenza del crollo dell’URSS, permise alla Germania di creare nel 1990/91 una zona di influenza esclusiva con Croazia e Slovenia come roccaforti. Venne dato così avvio, anche con l’appoggio determinante del Vaticano, alla guerra civile in Jugoslavia.

Logicamente, la Germania non poteva pensare di escludere gli USA, che, per mezzo di loro strumenti come la Banca Mondiale e l’FMI, avevano già provveduto a minare le basi della Federazione jugoslava. Probabilmente, i tedeschi e gli altri europei agivano da proxy degli americani, anche se qualche illuso può avere pensato di fare altrimenti e di avere un certo margine di indipendenza.

Infatti, gli USA entrarono in gioco, sostenendo con armi e consiglieri la Croazia nella pulizia etnica contro i serbi. Ma per distruggere la Jugoslavia e creare una zona di influenza americana nei Balcani era fondamentale distruggere la nazione serba, l’unica che oltretutto ostacolava le operazioni dell’FMI e della Banca Mondiale e pretendeva di volere mantenere la propria indipendenza e la propria sovranitÃ

A tale proposito sono rivelatrici le parole dell’ex ministro degli esteri tedesco Klaus Kinkel nel 1992: “La Serbia deve essere messa in ginocchio!”. I media controllati hanno subito raccolto l’invito ed è iniziata così la campagna mediatica di demonizzazione dei serbi. Media controllati, terroristi islamici, NATO, politici asserviti e cosiddetti ‘difensori dei diritti umani’ nel ruolino CIA, assieme al ‘Tribunale’ dell’Aia, che non è affatto una cortedi giustizia, ma uno strumento creato dalla NATO, cioè dagli USA (‘Non ci faremo processare da chi paghiamo’, disse nel 1999 il portavoce NATO riguardo alle denunce per i crimini di guerra dell’Alleanza Atlantica), sono tutti parte di una macchina che è stata assemblata per distruggere la Jugoslavia e far entrare i Balcani nell’orbita geostrategica statunitense.

Nel 1992, l’amministrazione di GHW Bush e più tardi quella di Bill Clinton, presero la decisione strategica di gettare il peso degli USA dietro il presidente musulmano estremista Alijah Izetbegovic già appartenente alla divisione nazista SS Handzar durante la II Guerra Mondiale, come leader della jihad in Bosnia.

Il Segretario di Stato f.f. USA Lawrence Eagleburger, che conosceva bene la Jugoslavia per esservi stato come ambasciatore ed in seguito banchiere, ordinò a Warren Zimmerman, ambasciatore USA a Belgrado, di andare immediatamente a Sarajevo e persuadere Izetbegovic a ritrattare l’accordo raggiunto dalle delegazioni serba, croata e musulmana con Lord Carrington (allora Ministro degli Esteri britannico Segretario Generale della NATO) per evitare la guerra, promettendogli tutto l’aiuto politico, diplomatico e militare del caso se avesse accettato. Izetbegovic venne persuaso. Dispose i suoi tiratori scelti dal berretto verde sui tetti del centro di Sarajevo, rigettò l’accordo, fece appello al sostegno del mondo islamico ed iniziò così la guerra in Bosnia.

L’alleanza ‘afgana’ tra gli USA ed i mujahedin è stata quindi ripristinata nei Balcani. A causa della sua storia, la Bosnia-Herzegovina offriva le condizioni ideali per costituire un fronte della jihad. ma è stato solamente a causa dell’interferenza occidentale che i radicali musulmani ed i sostenitori della guerra santa furono in grado di estromettere i politici musulmani moderati in Bosnia nei primi anni ‘90.

Vienna fu sin dall’inizio il centro di controllo per le operazioni di contrabbando delle armi a sostegno della jihad, ed è stato lì che Osama bin Laden ottenne un passaporto bosniaco dal governo filo-occidentale di Sarajevo, e centinaia dei suoi seguaci si sono stabiliti permanentemente in Bosnia ed in Albania. Da lì, i servizi segreti USA li hanno guidati in Kosovo e Macedonia, mentre altri si sono diretti a Vienna ed Amburgo, per poi tornare alla ribalta delle cronache dopo l’11/9.

L’esercito musulmano bosniaco venne formato con l’aiuto in denaro e volontari dal mondo islamico (le cosiddette Brigate Islamiche); bin Laden stesso discusse i dettagli con il presidente bosniaco Alija Izetbegovic. Vi era infatti alleanza di interessi tra Osama bin Laden ed Alija Izetbegovic. Una corrispondente del Der Spiegel tedesco dai Balcani vide di persona almeno due volte nel 1993/94 bin Laden nel palazzo presidenziale e persino parlò con lui.

Comunque, l’efficacia combattiva dei guerrieri santi all’inizio era bassa; questo cambiò solamente dopo che Bill Clinton divenne Presidente degli USA nel 1993 ed organizzò loro la fornitura segreta di armi in violazione dell’embargo ONU, in cooperazione con l’‘arcinemico’ Iran.

La Turchia veniva usata per consegnare armi, l’Iran per comprarle, OBL & Co. (compreso l’al-Kifah dello sceicco CIA Rahman di New York) per fornire combattenti ed i sauditi per finanziare il tutto attraverso le loro organizzazioni ‘di beneficenza’. Vi erano questi paesi musulmani che ogni tanto dichiaravano di essere rivali l’uno con l’altro mettersi assieme in Bosnia. Non era un’alleanza formale, ma improvvisata e che in parte persiste oggi in Iraq con il ruolo determinante di Israele. Il Sudan nel 1992 fece la maggior parte del contrabbando, nel 1994 ne prese la direzione l’Iran. La Turchia aiutò con infrastrutture, degli aeroporti a Cipro ed in Anatolia erano basi importanti per il contrabbando. Vi sono prove che il capo sudanese Al Turabi, ospite di bin Laden, strinse stretti legami tra i servizi segreti di Tehran e bin Laden stesso, nonostante le differenze religiose tra di loro. Le offensive dei mujahedin venivano lanciate in concomitanza di massicci bombardamenti ed incursioni strategiche degli USA e della NATO, ‘Operazione Deliberate Force’, contro le posizioni strategiche dei serbi bosniaci.

I militari assegnati alle missioni di pacificazione dell’ONU, che avevano osservato la violazione dell’embargo ONU per le armi, vennero costretti a restare in silenzio dall’intelligence USA.

Dopo gli accordi di Dayton vediamo iniziare la guerra in Cecenia, poi in Kosovo, poi in Macedonia e quindi l’11/9. Tutti questi cinque eventi hanno in comune i militanti islamici ed ‘al Qaeda’. Da diversi anni si osservano significativi movimenti di jihadisti e di trasporti tra i Balcani e la Cecenia. I capi militari del movimento indipendentista islamico ceceno sono stati addestrati nei campi dei mujahedin in Afghanistan, tutti costruiti dalla CIA in collaborazione con l’ISI pakistano e finanziati dall’Arabia Saudita e da altri regimi islamici nel periodo 1988-1992. Inoltre, i leader dei separatisti ceceni, nonostante formali proteste russe, vengono ospitati e lautamente foraggiati da Washington e Londra. Nella capitale USA si trovava anche, nella sede di una front company dei servizi segreti USA, il server che ospitava il sito dei terroristi ceceni khavkaz.org, chiuso tre anni fa dopo innumerevoli proteste.

Vi è un coordinamento globale tra questi fatti e l’obiettivo è sicuramente geopolitico, sempre che non si voglia credere alla ‘teoria delle coincidenze’.

Il ragno nella tela, il più importante attore di questo ‘Bosniagate’, è l’MPRI (già Military Professional Resources Incorprated), subappaltatore di mercenari del Pentagono, che ha addestrato e collaborato con i croati nel massacro dei serbi della Krajina e che fa parte del gruppo Dyncorp, centro nevralgico del potere negli USA. La Dyncorp recentemente ha ottenuto l’approvazione all’acquisto dell’aeroporto di Belgrado. Nel 1995 la MPRI prese la direzione del contrabbando di armi arabo/iraniano, aiutò i mujahedin al ‘liberare’ Sarajevo nel settembre del 1995, dopo Dayton inserì nell’esercito i migliori combattenti mujahedin, li addestrò con l’aiuto dell’esercito turco e li mandò in Kosovo e più tardi in Macedonia. Le società private formano un mostro militare aziendale che in tutto il mondo fa il lavoro sporco per la politica estera degli USA e che ha pure un ruolo centrale nel traffico di droga e nel racket della prostituzione, compresa quella minorile.

I jihadisti stranieri commisero terribili atrocità nel corso dei tre anni della guerra civile (1992-1995), persino alcuni dei massacri attribuiti ai serbi potrebbero essere stati commessi da loro e, a secondo recenti testimonianze di ufficiali ONU e comandanti NATO, i comandanti dell’esercito musulmano avrebbero esposto consapevolmente la loro popolazione a rappresaglie per poterne poi sfruttare la valenza propagandistica.

Grazie alla protezione occidentale, in Bosnia-Herzegovina è stata costituita una testa di ponte dei terroristi che minaccia l’ulteriore sviluppo del paese stesso come anche la sicurezza dell’intero continente europeo. Vi sono testimonianze dirette di persone recatesi in Bosnia, per i più diversi motivi, che confermano l’esistenza di campi di addestramento di combattenti islamici, che vengono definiti genericamente di ‘al Qaeda’, mentre si dovrebbe più correttamente parlare di rete militante islamica. Bisogna ricordare che la Bosnia non è un paese indipendente, ma un protettorato della NATO, come lo sono pure il Kosovo e la Macedonia.

Lo SDA, il partito di governo in Bosnia, sostiene le organizzazioni fondamentaliste giovanili, che addestrano la gente alla jihad. I mujahedin rimasti in Bosnia dopo gli accordi di Dayton sono al centro dell’addestramento. L’organizzazione più importante è la Aktivna Islamska Omladina (AIO) con forti influenze wahhabite, che addestra nelle tecniche terroristiche in cosiddetti campi della gioventù durante le vacanze.

Dunque, storie da osteria a parte, si deve logicamente concludere che in Bosnia i mujahedin operano sotto l’ombrello NATO, cioè sono tuttora protetti ed utilizzati, dagli USA.

Infatti, in Kosovo e Macedonia è stato seguito lo stesso modello utilizzato per la Bosnia. I terroristi di famiglia provocano delle guerre locali e poi ci pensa l’apparato propagandistico dei nostri disgustosi media a fabbricare le scuse per l’intervento militare degli USA e dei loro vassalli della NATO.

E’ la stessa vecchia storia, raccontò nel maggio del 1999 un ex agente della DEA. Prima gli americani armarono ed equipaggiarono i peggiori elementi dei mujahedin in Afghanistan (trafficanti di droga, contrabbandieri di armi, terroristi anti-americani). In seguito fecero la stessa cosa con il KLA, che è collegato ad ogni cartello della droga conosciuto in Medio ed Estremo Oriente. L’Interpol, l’Europol e quasi tutti i servizi di intelligence europei e le agenzie antidroga hanno dossier aperti sui sindacati della droga che portano dritti al KLA ed a bande albanesi.

La CIA, cioè il governo USA, iniziò ad addestrare il KLA all’inizio degli anni ‘90 e, in contatto con l’UDBK (l’intelligence macedone) sin dal 1990 ed il MI6 britannico, vi furono tentativi di trasferire mujahedin in Bosnia attraverso la Macedonia che si ripeterono durante la crisi del Kosovo.

Invece di rimuovere i fondamentalisti, come dice la leggenda ufficiale, l’MPRI mise nel suo libro paga i più capaci jihadisti e li addestrò in Albania, che ormai era stata infiltrata anche dagli associati di bin Laden, e li inviò a sostenere il movimento terrorista albanese KLA [UCK] in Kosovo e Macedonia, dove ha preso il nome di NLA.

Infatti, la base CIA delle operazioni per l’addestramento ed il rafforzamento del KLA è stata l’Albania. Come avviene per molti paesi, principalmente il nostro, la relazione tra la CIA e lo SHIK (il servizio segreto albanese) è quella tra padrone e servo, e così OBL nel 1994 solidificò la sua organizzazione in Albania con l’aiuto dell’allora premier Sali Berisha. I legami dell’Albania con il terrorismo islamico sbocciarono durante il governo di Berisha, quando la principale base di addestramento del KLA si trovava su una proprietà di Berisha nell’Albania settentrionale. Fatos Klosi, allora capo dello SHIK, disse che aveva informazioni attendibili che quattro gruppi di guerrieri della jihad da Egitto, Arabia Saudita, Algeria, Tunisia e Sudan erano nel nord dell’Albania e combattevano con il KLA.

OBL aveva offerto il suo ‘aiuto umanitario’ che da allora è stato utilizzato ripetutamente per finanziare il terrorismo in Albania. I campi usati dal KLA, dalla CIA e dalle SAS furono creati dall’Iran e da altri paesi utilizzando come facciata istituzioni educative islamiche e progetti di sviluppo delle comunità rurali.

E’ provato che l’MPRI stesso inviò 80-120 mujahedin in Kosovo ad aiutare il KLA, ma che i tentativi di OBL stesso di portare di nascosto uomini in Kosovo prima della guerra del 1999 fallirono, ma tutto ciò cambiò con l’aggressione NATO alla Jugoslavia.

La stessa Interpol disse di avere le prove che bin Laden è collegato alle bande albanesi che si sono impadronite della crescente ragnatela del crimine in tutta Europa. Le indagini hanno anche dimostrato che bin Laden ha inviato uno dei suoi più importanti comandanti militari ad una unità di elite del KLA durante la guerra in Kosovo. Vi è dunque una ulteriore conferma della collaborazione diretta tra le reti di bin Laden e le operazioni NATO-KLA durante il bombardamento della Jugoslavia da parte dei servizi segreti egiziani e francesi, secondo i quali, alla fine degli anni ‘90, bin Laden portò a Tirana 500 mujahedin, che combatterono a fianco del KLA e furono coinvolti nei più brutali atti di rappresaglia contro i civili serbi.

Durante ed immediatamente dopo la guerra in Kosovo, quando il KLA assunse il comando della provincia, iniziò la pulizia etnica nei confronti della popolazione serba (le funzioni di polizia sono state affidate al KPC, Corpo di protezione del Kosovo, cioè ai terroristi del KLA) ed il traffico di droga e di armi esplosero incontrollati. Quando il Kosovo era diventato un protettorato della NATO la cosiddetta ‘mafia albanese’ finì con il controllare l’80% della distribuzione di eroina in Europa occidentale.

La collaborazione NATO- KLA funziona così bene che il collaboratore della CIA e del BND (l’intelligence tedesco) Hodza (Samedin Xhezairi), ufficialmente considerato dalla NATO stessa un confidente di bin Laden, si è vantato alla TV tedesca di essere stato il coordinatore dei pogrom di serbi del marzo 2004 nella zona di Prizren ed è stato accertato che il BND era venuto a conoscenza con largo anticipo delle sue intenzioni.

Nell’agosto del 2001 i consiglieri militari USA del MPRI operavano già per l’autoproclamatosi Esercito di Liberazione Nazionale (NLA) in Macedonia. L’NLA è una succursale del KLA, ed a loro volta, il KLA ed il KPC, sostenuto dall’ONU, sono istituzioni identiche, con gli stessi comandanti e personale militare. I comandanti del KPC stipendiati dall’ONU combattono nell’NLA assieme ai mujahedin.

Dunque, mentre è sostenuto e finanziato da ‘al Qaeda’ di OBL, il KLA-NLA è anche sostenuto dalla NATO e dalla missione delle Nazioni Unite in Kosovo (UNMIK). Infatti, la rete militante islamica, che utilizza pure l’Inter Service Intelligence (ISI) come intermediario della CIA, costituisce ancora una parte integrale delle operazioni militari e di intelligence coperte di Washington in Macedonia e Serbia meridionale.

Secondo quanto risulta dai rapporti dei servizi segreti russi e rapporti dei servizi di sicurezza macedoni, vi sono ora basi dei mujahedin anche in Kosovo, dove possono tra l’altro usufruire dell’attrezzatura messa loro a disposizione dagli USA nella gigantesca nuova base di Camp Bondsteel. I militari USA ed i mujahedin collaborano attivamente, tanto che qualche tempo fa una unità di paracadutisti americani è dovuto intervenire a salvare una banda di mujahedin accerchiati dalle forze di sicurezza macedoni.

Ayman al Zawahiri, detto ‘Il dottore’, il mitico ‘n. 2 e mente militare e finanziaria di al Qaeda’, è fratello del meno noto Muhammad, che addestrò il KLA albanese per conto degli Stati Uniti. Nonostante le accuse di essere l’organizzatore di numerosi attentati terroristici, al Zawahiri ha continuato a fare avanti e indietro con gli Stati Uniti per tutti gli anni Novanta, arrivando perfino a ottenere la Green Card, un permesso di residenza che viene negato anche ha chi non ha carichi pendenti e per il quale molti stranieri si sono arruolati nelle forze armate USA e mandati a farsi scannare in Iraq.

Come cervello del gruppo, Zawahiri viaggiò per il business della jihad islamica in Svizzera, Bosnia, Bulgaria e Dagestan, una provincia russa. Usando un falso nome, negli anni ‘90 Zawahiri fece anche furtive sortite per la raccolta fondi Texas, California e New York visitando moschee e centri islamici. Risiedette vicino a San Jose, California, con Ali Mohammed, il capo della sicurezza di bin Laden. – La Washington connection

Non ci si deve meravigliare delle attività svolte da OBL sotto l’ombrello USA-NATO alla fine degli anni ‘90 ed oltre: era già un ‘superterrorista’ ricercato per l’attentato del 1993 al WTC, ma quando, nel marzo del 1996 il governo del Sudan si offrì di estradarlo negli USA, il Segretario di Stato Madeleine Albright scelse come distrazione di provocare una nuova ondata di tensione con il Sudan, chiudendo persino l’ambasciata USA a Khartoum, senza dubbio una astuta diversione, a causa di ‘minacce terroristiche’. OBL fu quindi mandato in Afghanistan.

Allo stesso modo, non sorprende affatto che i principali ‘sospetti’ degli attentati dell’11/9/2001 negli anni ‘90 abbiano combattuto nei Balcani. A soltanto un’ora di volo da città europee come Vienna e Monaco, si sono addestrati nel combattimento spietato contro gli infedeli, con il sostegno della CIA e di altri servizi segreti occidentali.

Cinque dei ‘dirottatori’ dell’11/9 erano veterani jihadisti della Bosnia: Al Hazmi, Al Midhar, Mohammed Atta e le’menti’ Binalshibh e Khalid Sheikh Mohamed (uno dei finora sei mitici n. 3 di al Qaeda) e due di loro avevano anche un passaporto bosniaco. Sempre secondo la versione ufficiale, dal gennaio del 2000 all’11/9 Al Hazmi ed Al Midhar venivano sorvegliati dai servizi segreti USA, come anche l’appartamento di Atta ad Amburgo-Harburg. condiviso con un altro veterano della Bosnia. Binalshibh e Sheikh Mohamed sono sotto custodia USA sin dal loro arresto nel 2002/2003 e sarebbero i principali testimoni della versione ufficiale dell’11/9 riguardo l’attacco al Pentagono. Volontariamente od involontariamente, hanno operato per interessi USA ed è probabile che abbiano lavorato anche per i servizi segreti degli USA, infatti, non sono stati consegnati alle autorità spagnole per essere ascoltati come testimoni in relazione agli attentati di Madrid del 2004.

A quattro ore dagli attentati dell’11/9 gli agenti dell’FBI bussavano alla porta di un ex dipendente della Huffman Aviation di Venice, Florida, dove, secondo la leggenda ufficiale, si erano addestrati Atta e soci. L’ex dipendente della scuola di volo si era licenziato tempo prima, poiché aveva scoperto che la scuola era qualcosa di diverso da quanto si aspettava. Qualcosa di ‘spooky’. Pare infatti che l’aeroporto di Venice venisse utilizzato dalla CIA per traffici di droga, niente di sorprendente negli Stati Uniti. Atta e soci erano dei ‘doppi agenti’, gli era stato permesso entrare nel paese, l’operazione alla quale si lavorava alla scuola di volo aveva la protezione del governo e l’FBI non si era presentato per investigare un crimine, ma per intimidire un testimone.

Infatti, Mohammed Atta, quando viveva ad Amburgo durante gli anni ‘90, partecipò ad una ‘joint venture’ tra i governi USA e tedesco, un programma di ‘scambio’ internazionale di elite condotto da una organizzazione privata poco conosciuta, la CDS International di New York, con stretti legami con figure politiche come David Rockfeller e l’ex Segretario di Stato Henry Kissinger.

Anche se ha avuto vita breve, è comparsa persino sui media controllati la notizia che almeno sei dei terroristi ufficiali dell’11/9, Atta incluso, sono stati addestrati in installazioni militari USA.

Se questi personaggi potevano entrare ed uscire a loro piacimento da posti come la Pensacola Naval Air Station o la U.S. Air Forces’ International Officer’s School alla Maxwell Air Force Base, la Aerospace Medical School at Brooks Air Force o il Defense Language Institute di Monterrey, è molto probabile che abbiano avuto connessioni con governi arabi considerati amici degli Stati Uniti oppure che fossero degli agenti ‘islamici’. Ma islamici solamente all’anagrafe, poiché è noto che bevevano alcool a fiumi, sniffavano cocaina ed avevano un debole per le spogliarelliste. ‘Mi sembravano mafia’, ha raccontato la cameriera di un bar di Venice dove di solito si ubriacavano.

Peccato che non abbiamo potuto sentirli pronunciare la celebre frase di Lee Harvey Oswald, “I’m just a patsy”!

– Dollari per il terrore

L’ideologia islamica fondamentalista (wahhabita, o salafita) si mescola perfettamente con il neoliberismo dove il vero Dio è il denaro ed è ad esso complementare. Infatti, le tracce lasciate dall’estremismo ‘islamico’ portano inevitabilmente verso i circuiti finanziari del terrorismo, le banche, le imprese, sia legali che illegali, fino alle strutture ufficiali e segrete della finanza saudita, la Fratellanza Musulmana, le monarchie del petrolio alleate degli Stati Uniti, fino alle agenzie di informazione che hanno incoraggiato la rete terroristica islamica, la CIA e le sue controparti saudita e pakistana. Largamente responsabili del finanziamento ma anche della fornitura dei documenti di viaggio degli aspiranti ‘guerrieri santi’ sono delle organizzazioni religiose e di ‘beneficenza’ e delle fondazioni ‘umanitarie’ soprattutto saudi-americane, con ramificazioni in tutti i continenti.

La principale fonte di finanziamento della jihad americana in Afghanistan era la Bank of Credit and Commerce International (BCCI), definita dal Senato USA ‘una delle maggiori imprese criminali della storia’.

La BCCI, fondata in Pakistan nel 1972, era specializzata nel riciclaggio del denaro sporco su scala globale, nel finanziamento dei traffici di armi illegali e del terrorismo globale (compreso Abu Nidal) ed in altre operazioni illecite. La CIA utilizzava i canali segreti della banca per finanziare le sue ‘black ops’, comprese quelle in Afghanistan e Nicaragua. L’Agenzia inviava denaro attraverso la sua stazione di Islamabad ed altre in Pakistan al suo protetto Osama bin Laden, che in quegli anni acquisì tutta l’esperienza necessaria nella finanza sporca.

La BCCI era in parte posseduta da Khalid bin Mahfouz, cognato di OBL, definito anche ‘l’uomo della borsa di OBL’, socio in affari di GW Bush e Thomas Kean, presidente della cosiddetta ‘Commissione di inchiesta sull’11/9’. Mahfouz è anche l’uomo di facciata della famiglia bin Laden, che incanala la loro enorme ricchezza attraverso intermediari americani nel tentativo di guadagnare potere ed influenza negli Stati Uniti.

La società Saudi Investment Company (SICO) di Yeslam Binladen, fratello di Osama, e la National Commercial Bank della famiglia di bin Mahfouz (partner anche nella SICO), assieme alle Bank of New York – Inter Maritime Bank of Ginevra di Bruce Rappaport e con il suo vicepresidente Alfred Hartmann, con la BCCI, con l’ex direttore della CIA William Casey e con la National Bank dell’Oman venivano utilizzate per trasferire denaro ai mujahedin afgani. Anche la casa madre stessa del clan bin Laden, la Saudi BinLaden Group, è partner di Mahfouz nella SICO ed era partner del celebre Carlyle Group, nel quale compaiono anche il principe Bandar bin Sultan, ambasciatore saudita negli USA, e due figli del banchiere Khalid bin Mahfouz.

La BCCI venne ufficialmente chiusa nel 1991, un milione di investitori vennero danneggiati, ma molto probabilmente si è soltanto ‘trasformata’ in una vasta rete di organizzazioni di ‘beneficenza’.

I seguaci dello sceicco Rahman ricevevano anche finanziamenti direttamente dall’ambasciata saudita per finanziare le operazioni di reclutamento per la Bosnia. Inoltre, associazioni come la International Islamic Relief Organization, la Muslim World League, la World Assembly of Muslim Youth e la al-Haramain Charitable Foundation hanno ricevuto donazioni direttamente dal principe Sultan bin Abdulaziz Al-Saud, ministro della difesa saudita, da suo fratello il principe Salman bin Abdulaziz Al-Saud, governatore di Riyadh, e dal principe Turki, che era pure azionista della BCCI. Queste organizzazioni hanno partecipato, con i miliardi di dollari che sono stati inviati alle istituzioni sostenute dai sauditi in tutto il mondo, alle guerre sante della CIA in Afghanistan e nei Balcani e, sebbene tutte investigate per i collegamenti con OBL, pare siano intoccabili.

In Bosnia, sui cadaveri di guerriglieri arabi-afgani sono state ritrovate tessere di riconoscimento di operatori umanitari per giovani militanti islamici sauditi stampate dall’ufficio dell’IIRO a Peshawar, in Pakistan, guidato da un capo della Gamaat Al-Islamiyya egiziana.

Il diplomatico sudanese Elfatih Hassanein nel 1987 costituì la Third World Relief Agency che, a quanto pare, diventò il principale mediatore per gli affari al mercato nero delle armi per conto del governo musulmano della Bosnia. Secondo un banchiere austriaco, Hassanein era infatti ‘l’uomo della borsa’ del presidente bosniaco Alija Izetbegovic. Dei grandi donatori erano l’Iran ed il Sudan, ma la maggior parte del denaro arrivava dall’Arabia Saudita mentre contribuivano in misura più modesta anche Pakistan, Turchia, Brunei e Malesia.

Anche Hussein Zivalj, nel 2001 ambasciatore bosniaco all’ONU, era coinvolto, in qualità di vicepresidente ed amministratore, nella Third World Relief Agency (TWRA), che era stata finanziata da OBL e godeva del sostegno della VEVAK (polizia segreta iraniana), nella quale operava anche lo ‘sceicco cieco’ Omar Abdel Rahman. Attraverso la TWRA, che è stata fondata nel 1987 a Vienna ed aveva collegamenti con il governo Izetbegovic ed anche con il Dr Hassan al-Turabi e le sue operazioni terroristiche in Sudan, OBL ed altri inviarono 350 milioni di dollari al KLA in Kosovo ed al suo gemello NLA in Macedonia.

Secondo documenti del Congresso USA, in Afghanistan, Albania, Bosnia e Cecenia vi è stato il sostegno diretto alla resistenza islamica di associazioni di beneficenza saudite come la Muwafaq Foundation e la Benevolence International di Khalid bin Mahfouz e Yasin al Qadi. Queste associazioni sono la prova vivente che in realtà la BCCI non è mai cessata. Al Qadi e la Muwafaq hanno poi una lunga storia nei Balcani, specialmente in Albania.

La lista delle ramificazioni bancarie della jihad è piuttosto lunga e complicata e non è limitata ad istituzioni arabe in generale e saudite in particolare, ma comprende anche banche svizzere, austriache, britanniche ecc. Le istituzioni saudite in questione, molte delle quali appaiono persino in elenchi dell’antiterrorismo USA, sono di proprietà di membri della famiglia reale saudita e di grandi finanzieri ad essa collegati, tipico esempio la famiglia bin Laden. Attraverso queste banche e le fondazioni ‘umanitarie’ loro collegate sono affluiti i finanziamenti per la jihad nei Balcani, cioè per i mujahedin in Bosnia, Kosovo e Macedonia.

Le banche saudite e quelle musulmane in generale seguono la legge bancaria islamica e pagano la ‘zakat’, la tassa religiosa, su tutte le loro transazioni. Gli investigatori occidentali ritengono che il denaro della zakat sia decisivo nel finanziamento dei gruppi islamici estremisti e gli investigatori americani sospettano di trasferimenti di denaro dal gruppo con sede a Ginevra Dar al-Mal al-Islami (DMI) del principe Mohammad al Faisal al Saud alla Islamic International Relief Organization, a sua volta sospettata di finanziare la ‘crociata mondiale contro ebrei e crociati’ di OBL.

Nei forzieri della IIRO si trova denaro per ‘aiuti umanitari’ del gruppo Al Taqwa di Lugano. Un caso di discreto interesse anche per l’Italia quello della al-Taqwa Management Organization SA, collegato a reti umanitarie utilizzate per aggirare l’embargo dell’ONU sulle vendite di armi alla Bosnia e pare anche coinvolto con il KLA in Albania. Tra i soci del gruppo vi è il tunisino Youssef Nada, in seguito associato nel centro Pio Manzù a personaggi come G. Agnelli e H. Kissinger. Gli investigatori USA considerano la banca Al Taqwa, fondata a Nassau alle Bahamas da Nada e soci, una fonte ed un distributore importante di finanziamenti per la ‘rete di OBL’. Tra gli azionisti della banca figurano prominenti personalità del Medio Oriente e persino due sorelle di OBL, oltre a noti personaggi dell’estrema destra italiana.

L’FBI sapeva chi erano gli azionisti almeno dal 1998 e verso la metà degli anni ‘90 le autorità svizzere rifiutarono la collaborazioni ad inchieste internazionali sulle attività della banca ed il direttore della stessa, Ahmed Huber, musulmano ed ammiratore di Hitler, nel 1995 riconobbe che dei facoltosi sauditi contribuivano a finanziare la banca.

Nada nel 2001 è stato interrogato dai magistrati italiani e svizzeri, ha detto che era innocente da ogni accusa di terrorismo e che non ricordava dove fosse finito tutto il denaro della zakat, ma gli investigatori sono al corrente che, tramite altri passaggi finanziari, una grande parte arrivava alla IIRO e da questa a gruppi estremisti islamici, ai Fratelli Musulmani, al GIA algerino e persino ad Abu Nidal.

Un importante azionista della Taqwa Bank è il kuwaitiano Ahmed Idris Nasreddin, membro della Fratellanza Musulmana, del cui impero finanziario, con sede a Milano, fa parte la Akida Bank con sede a Nassau e strettamente collegata ad Al Taqwa. Come Nada è collegato a think tanks, Nasreddin è collegato ai vertici della politica italiana.

Alla cerchia di conoscenze di Nasreddin appartiene Gustavo Selva, fino all’aprile 1999 coinvolto nell’Arab-Italian Consulting House, con sede a Roma. Quest’ultima passò poi a Sergio Marini, presidente della Camera di Commercio Italo-Araba, socio di Nasreddin in altre imprese italiane.

Nella seconda metà degli anni ‘90, dopo che il locale imam era stato liquidato dai servizi segreti croati in un’operazione contro i combattenti islamici in Bosnia, si iniziò a prestare attenzione al Centro Islamico di Milano. Venne considerato un punto di incontro per mujahedin da tutto il mondo ed era Nasreddin che pagava l’affitto ed alcune sue imprese avevano anche contatti diretti con la moschea.

Stando alle apparenze, Nasreddin nascondeva le sue reali operazioni dietro attività commerciali senza senso, come una nave in teoria carica di datteri che per cinque mesi faceva la spola tra porti italiani e della costa adriatica.

Quando venne costituito il Nasreddin International Group Limited Holding fu nominato consigliere anche (tra tutte le persone che vivono in Svizzera) proprio Ercole Doninelli, ‘anima’ della FIMO, società finanziaria di Lugano, largamente coinvolta negli scandali finanziari degli anni ‘90 e che dal 1968 ha giocato un ruolo determinante nel finanziamento dei primi progetti di Silvio Berlusconi e poi della Fininvest. La FIMO riciclava il denaro sporco della mafia e dei cartelli della droga sudafricani e rimase poi coinvolta nell’inchiesta USA detta ‘Pizza Connection’ e risulta fosse in collegamento con il cartello colombiano di Medellin.

Collegato alla Akida Bank di Lugano è Pier Felice Barchi, un avvocato che cura gli interessi finanziari ticinesi di Berlusconi e del suo partner saudita nel gruppo Mediaset, il principe saudita al-Waleed al Talal.

Nello studio legale di Barchi ha lavorato anche Carla Del Ponte, il procuratore del Tribunale dell’Aia per la ex Jugoslavia, che cominciava ad interrogare dei funzionari di Al Taqwa. Appena Barchi ne venne a conoscenza, le telefonò immediatamente per ‘fermare questa sciocchezza’, che effettivamente ebbe termine dopo qualche ora.

Il banchiere svizzero islamo-nazista Ahmed Huber è invece coinvolto in inchieste sul traffico di armi tra Italia ed Albania per conto del KLA, assieme ad amici arabi e con l’assistenza dei Fratelli Musulmani della moschea di Milano.

Il presidente di Al Taqwa, Youssef Moustafa Nada, è uno dei vari grandi banchieri elencato nella lista dei ‘sostenitori del terrorismo’ del governo USA nel novembre 2001, e, quello stesso anno, il gruppo Al Taqwa cambiò nome e diventò la Nada Management Organization.

Il convertito all’islam Sante Ciccarello, azionista della Nada Management Organization, è il responsabile in Italia della Islamic Relief, con sede a Londra, un’altra ‘organizzazione caritatevole’ che gestisce i finanziamenti sauditi ai movimenti wahhabiti ed infatti sono state più volte segnalate infiltrazioni fondamentaliste nelle moschee italiane, come già era avvenuto in altri paesi europei.

Mentre cominciava a profilarsi una vasta rete con collegamenti su entrambe le sponde dell’oceano tra estremisti islamici, movimenti di estrema destra e circuiti finanziari di vertice, le indagini su Al Taqwa e sulla Nada sono state praticamente mandate in corto circuito, non si capisce bene se dalla Svizzera o dagli Stati Uniti, come del resto è già accaduto per gli scandali Iran-Contra e BCCI.

Dunque, pare che la ragnatela finanziaria della jihad in Europa abbia base in Svizzera, dove la Fratellanza Musulmana, le organizzazioni ‘umanitarie’ islamiche e diversi gruppi d’interesse europei siano coinvolti direttamente nel sostegno ai mujahedin che operano nei Balcani, in Cecenia ed in altre parti del mondo e certamente collaborano al funzionamento dei campi di addestramento, che è molto probabile non si trovino solamente nei Balcani al riparo della protezione della NATO, ma anche qui in Italia, soprattutto nella base USA di Aviano.

D’altra parte, è ragionevole supporre che l’attività di reclutamento dei fondamentalisti sia un’operazione in corso in tutta Europa. Le videocassette con i sermoni estremisti dello sceicco Rahman sono stati distribuiti in moschee sparse in tutto il continente e sono anche stati scoperti collegamenti tra diversi ‘dirottatori’ dell’11/9 e centri islamici in Gran Bretagna ed Olanda. Inoltre, è del tutto logico che molti ‘centri’ servano anche per il reclutamento dei ‘patsies’ per le operazioni dei servizi di intelligence occidentali (USA e paesi satelliti) e le conseguenti operazioni ‘false flag’. Ciò è divenuto di tutta evidenza nel caso del giordano Abu Qatada, definito dai media controllati ‘l’ambasciatore di al Qaeda in Europa’, che si è poi rivelato essere un agente del MI5 britannico, nonché dei cosiddetti ‘kamikaze’ di Londra.

– La “dorsale verde”

La disintegrazione dei Balcani, voluta anche dal Vaticano e dalla Germania, attuata da Washington e Londra, la questione del Kosovo, il sostegno al KLA, la demonizzazione di Milosevic, come anche l’appoggio dato dagli USA ai musulmani della Bosnia, ai terroristi secessionisti musulmani del Dagestan e della Cecenia, del Kashmir e delle Filippine, come è stato anche per l’operazione in Afghanistan, appartengono alla strategia mondialista degli anglo­americani. In questa stessa strategia rientra dunque anche la creazione della cosiddetta ”dorsale verde”, una enclave che costituirebbe un terminale del terrorismo islamico ed una zona di passaggio del traffico di droga e delle condutture petrolifere.

Infatti, i fenomeni secessionisti, come quello del Kosovo, del Dagestan o della Cecenia che, grazie alle campagne di disinformazione, esplodono apparentemente in nome del principio di autodeterminazione dei popoli o di una specificità religiosa, nella generalità dei casi (a causa della loro posizione geostrategica) sono pretesti, che hanno dato e danno un senso alla cosiddetta ingerenza umanitaria ed al presidio militare dei governi di Washington e di Londra e pongono inoltre le premesse per la definizione di un nuovo diritto internazionale che sancirebbe la sovranità dello pseudo-impero americano.

Per la costituzione definitiva della ‘dorsale verde’ islamica, le mosse degli USA riguardano il processo per lo status finale del Kosovo per garantirne l’indipendenza ed i tentativi di rimuovere i precetti di pace della Bosnia collegati agli accordi di Dayton del 1996 per centralizzare il paese ed eliminare così la Repubblica Serbo-bosniaca.

La campagna per la centralizzazione della Bosnia in favore dei musulmani, condotta dalla NATO e dal rappresentante dell’ONU Lord Paddy Ashdown, e la campagna per l’indipendenza del Kosovo guidata da think tanks internazionali le cui ricette in passato sono servite a promuovere il consolidamento del fondamentalismo islamico nei Balcani, servono a facilitare la diffusione dell’ideologia della jihad e la crescita delle basi logistiche USA nel cuore dell’Europa. Un esempio di ciò è l’International Crisis Group di Bruxelles, secondo il quale nei Balcani non vi sono cellule terroriste islamiche. Tra i membri di questo ‘gruppo’ figurano persone come Emma Bonino e George Soros, cioè coloro che contribuiscono a fomentare le cosiddette ‘rivoluzioni colorate’ in Europa orientale ed in Asia centrale. Secondo costoro, sarebbe una buona politica quella di garantire l’indipendenza al Kosovo.

Il fondamentalismo islamico è complementare alla globalizzazione capitalistica, all’attuale guerra per il controllo delle risorse in una delle più importanti aree strategiche del mondo (l’Asia Centrale), ed anche alla cosiddetta ‘guerra al terrorismo’.

La rete della Jihad internazionale è stata creata per essere uno strumento degli strateghi USA e dei servizi segreti sulla proverbiale ‘Grande Scacchiera’. Anche se alcuni di loro hanno come obiettivo la ‘Grande Albania’ oppure la ‘restaurazione del Califfato e Zbigniew Brzezinski dicesse loro ‘Dio è dalla vostra parte’, i mujahedin sono soltanto carne da cannone e pedine senza valore nell’avanzamento degli obiettivi della politica estera USA.

Freebooter 2005