Pedoweb, condannato un prelato a Siracusa
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di Gaia Bottà
Siracusa – Era nodo di una fitta rete internazionale dedita alla condivisione di materiale pedopornografico: un sacerdote docente universitario, R.H., è stato condannato ad un anno e mezzo di reclusione e al risarcimento di 2000 euro.
A dare notizia della sentenza del giudice della sezione penale di Siracusa è Telefono Arcobaleno, l’associazione che si è costituita parte civile nel processo.
Le indagini erano partite nel 2005 da una segnalazione della stessa Associazione: l’operazione video privé, condotta dal Nucleo Investigativo Telematico, aveva coinvolto 186 persone in tutta Italia. Fra i soggetti indagati, tre sacerdoti. Era stato documentato il loro accesso ad un sito italiano che generava centinaia di contatti giornalieri da tutto il mondo.
Per effettuare l’accesso era necessario conoscere la password, un lasciapassare che gli utenti non potevano ottenere semplicemente versando una quota di denaro ma anche partecipando attivamente alla rete che si intrecciava su forum e siti esteri. Finendo così per alimentare un giro d’affari in netta e preoccupante crescita, che ogni giorno genera oltre otto milioni di euro.
Ad esprimersi riguardo alla sentenza è Giovanni Arena, presidente di Telefono Arcobaleno, che non risparmia parole dure nei confronti del condannato e delle istituzioni in seno alle quali potrebbe continuare ad operare: “Non è sufficiente che la Chiesa risarcisca materialmente il danno delle vittime, come è successo e succede, se colui che ha commesso quello che è un crimine contro l’umanità, continua a praticare il proprio ufficio sacerdotale tra la gente.”
“In Italia – prosegue Arena – sono diversi i casi di sacerdoti condannati o in attesa di giudizio, da undici anni lottiamo per far emergere i casi di abuso sull’infanzia, ci confrontiamo quotidianamente con il sommerso e con la diffidenza delle vittime o di coloro che vorrebbero ma non denunciano”. Una posizione già espressa da altri, che non manca mai di suscitare reazioni forti.
Aspetto interessante della sentenza del Tribunale di Siracusa: il computer sequestrato al prelato, adeguatamente epurato di tutti i documenti appartenenti all’accusato, verrà rivenduto nell’ambito di un’asta giudiziaria.
Gaia Bottà