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BO-LAND OF THE LIVING DEAD: La memoria del futuro: il memristore
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BO-LAND OF THE LIVING DEAD

pubblicato il May 5, 01:22 PM
La memoria del futuro: il memristore

La memoria del futuro: il memristore
News
di Luca Annunziata
lunedì 05 maggio 2008

Roma – L’aveva previsto Leon Chua nel 1971: oltre a induttore, resistore e condensatore, nei circuiti poteva e doveva esserci altro. Le sue brillanti equazioni matematiche lo prevedevano, ma fino ad oggi del memristore – così era stato soprannominato il quarto elemento fantasma, unendo le parole memoria e resistore – non c’era traccia. Ora, invece, i ricercatori degli HP Labs sembrano avercela fatta: con un articolo pubblicato su Nature hanno annunciato di aver finalmente individuato una tecnica per costruire dispositivi in grado di riprodurre il comportamento di un memristore, e di essere pronti ad invadere il mercato con questa tecnologia entro pochi anni.

Immagine al microscopio di una batteria di memristori”Scoprire qualcosa di nuovo e allo stesso tempo così importante in un settore così maturo come l’ingegneria elettrica è una bella sorpresa” commenta soddisfatto R. Stanley Williams, a capo del Quantum System Lab che ha costruito il prototipo: “Realizzando un modello matematico per la fisica del memristore, HP Labs ha reso possibile lo sviluppo di circuiti integrati che potranno migliorare drasticamente le performance e l’efficienza energetica di PC e datacenter”. Da parte sua Chua, che ora ha 71 anni e ha dovuto attenderne 37 per vedere dimostrate le sue teorie, si dice entusiasta: “Non avrei mai pensato di vivere abbastanza a lungo da vedere tutto questo realizzarsi. Sono elettrizzato, perché tutto questo è la dimostrazione che non si era trattato solo di un parto della mia immaginazione”.

Un memristore è una sorta di resistore variabile: in base alla quantità e al verso della corrente che lo attraversa è in grado di variare la propria resistenza, secondo una legge precisa caratterizzata dalle sue proprietà fisiche. La vera particolarità del memristore, tuttavia, è la capacità di ricordare: anche se disattivato, se privato dell’alimentazione, nel dispositivo resta una traccia dello stato precedente, prontamente disponibile una volta venga di nuovo chiamato in causa.
Per costruire un memristore, o meglio una batteria di memristori, Williams e il suo team si sono avvalsi della loro esperienza nel campo della nanotecnologia: una serie di nanocavi di platino vengono intersecati da un altro minuscolo filamento dello stesso materiale, ed interfacciati nella giunzione da un sottile strato di biossido di titanio. Quello mostrato in foto altro non è che un circuito formato da 17 memristori, lunghi circa 50 nanometri ciascuno.

Combinando questo tipo di dispositivi con il concetto di crossbar latch, introdotto dalla stessa HP nel 2005, i ricercatori si dicono certi di poter in pochi anni stravolgere per sempre il mercato delle memorie: DRAM, magnetiche, a stato solido, tutte potrebbero venire rimpiazzate in breve, surclassate dalle caratteristiche invitanti del memristore. Ad esempio, si potrebbe aumentare di 5 o 6 volte la capacità di immagazzinamento dati per pollice quadrato rispetto alle più avanzate tecnologie in circolazione, senza incappare in fastidiosi effetti collaterali come il decadimento rapido dell’efficienza dopo alcune centinaia di migliaia di accessi, tipico delle memorie a stato solido.

Una RAM che non ha bisogno di continui refresh per immagazzinare i dati, che non si cancella allo spegnimento del computer, sarebbe a portata di mano: niente più boot, niente più perdita di dati in caso di mancanza di alimentazione. Senza contare l’enorme risparmio energetico: quando non è utilizzato, il memristore può essere tranquillamente spento riducendo al minimo i consumi. Anche l’attuale architettura di von Neumann potrebbe venire profondamente rivista, venendo meno la necessità di una memoria di massa in cui archiviare i dati: un dispositivo a memristori potrebbe fungere contemporaneamente da memoria principale e da hard disk, diminuendo drasticamente tempi di accesso e di elaborazione.

Al momento il memristore è più lento di un ordine di grandezza in termini di velocità rispetto alle DRAM, ma il suo costo produttivo e la densità di immagazzinamento potrebbero giocare un ruolo importante nella decisione delle aziende nel passaggio alla nuova tecnologia. Le doti di questi dispositivi, inoltre, potrebbero anche riservare sorprese inaspettate: i computer potrebbero scavalcare persino la classica codifica binaria, e lanciarsi verso nuovi orizzonti di computazione.

È pensabile una memoria a memristori in grado di replicare alcune funzioni dei neuroni umani per quanto attiene l’immagazzinamento dei dati, migliorando l’efficacia della macchina in compiti quali il riconoscimento di figure o nella biometria: “Invece di scrivere programmi per computer per simulare il funzionamento del cervello – spiega Williams – potremmo invece pensare ad hardware in grado di emulare quei meccanismi”. Una macchina in grado di apprendere dall’esperienza, migliaia di volte più abile dei computer attuali nello svolgere alcuni tipi di compiti, che oggi sono per forza di cose ad appannaggio esclusivo degli uomini.

Per costruire un memristore non occorre alcun tipo di modifica particolare all’attuale ciclo di produzione dei dispositivi elettronici. Le attuali infrastrutture potrebbero iniziare a sfornarne in quantità in pochi mesi, e per questo, secondo Williams, sarà solo questione di tempo prima che qualcuno decida di investire e dare vita ad una nuova generazione di memorie: “La chiave sarà realizzare tutti gli strumenti necessari al design dei circuiti, e dunque trovare un settore dove impiegarli. Ma quanto tempo ci vorrà – conclude lo studioso – è più un problema di business che di tecnologia”.

Se le promesse del memristore verranno mantenute, magari non sarà possibile superare davvero la legge di Moore, ma rispettarla alla lettera sarà senz’altro possibile anche negli anni a venire.

Luca Annunziata