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BO-LAND OF THE LIVING DEAD: la religione dei consumi -george ritzer (2000)
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BO-LAND OF THE LIVING DEAD

pubblicato il Oct 2, 10:32 AM
la religione dei consumi -george ritzer (2000)

cattedrali, pellegrinaggi e riti dell’iper consumismo.

”..sulla cima dell’edificio, alto circa 33metri i visitatori potranno guardare mentre i loro cari vengono cremati su una pira che domina la città . Sotto ci saranno piani a tema: uno per i defunti cattolici con una scena della natività , un piano per i buddisti con statue e incenseri, uno per i veterani dell’esercito canadese con armi e e medaglie, e la simulazione di un isola tropicale con palme e musica ukulele in sottofondo per i defunti membri della vasta comunità di persone originarie delle isole Figi.”

a proposito della costruzione d’ un cimitero con parco a tema nei pressi di Vancouver, progettato per accogliere i resti di 90.000 persone.

Il libro di George Ritzer, docente di sociologia all’università del Maryland,(pubblicato nel 1999) è essenzialmente una vasta ricognizione sui nuovi strumenti, i nuovi luoghi e le nuove modalità di consumo originatesi in quest’ultimi anni di terziario avanzato negli USA
Con accuratezza descrive e cataloga la diffusione di
un vero e proprio nuovo culto di massa: L’iper consumo.
Passando in rassegna una pluralità di spazi diversissimi tra loro ma tremendamente identici nella loro adesione al diktat dell’iperconsumo: disneyland, las vegas, le catena di supermercato wall mart, le navi iperlussuose dacrociera,
gli stadi di baseball, paesi interi costruiti sul modello della provincia americana anni 50 dei telefilm.

Ma cos’è l’iper consumo?

E’ la nuova evoluzione del consumo, uno dei prodotti della smaterializzazione e virtualizzazione del credito, causati
a loro volta dall’esplosione dei nuovi mezzi di comunicazione e dal conseguente fenomeno di implosione, risultato delle altissime velocità raggiunte nella trasmissione delle informazioni.

tra i tratti caratteristici dell’iper consumo troviamo
la diffusione sempre più massiccia del credito e delle forme di piccolo indebitamento come strumento di consumo
di massa. Ritzer pone in evidenza come le banche e le finanziarie USA, negli anni 90, abbiano investito cifre enormi per spingere sempre più americani a far uso dei loro servizi e delle loro carte di credito, avendo scoperto che i guadagni sull’indebitamento sono più alti di quelli sul credito.Da par suo,la grossa fetta di popolazione americana chiamata in gioco non s’è fatta pregare,accettando a braccia aperte la possibilità di fregiarsi di un privilegio in passato riservato solo agli strati più benestanti: spendere denaro che non si ha, ovvero vivere al di sopra delle proprie possibilità . E il risultato, nella maggiorparte dei casi,è stato che il piccolo consumatore,usuifritore della carta di credito, si è trovato indebitato verso l’istituto che gliela ha erogata. Ed è questo alla fine lo scopo principale della transazione: assicurare che qualche ciuccio si attacchi una carretta alle spalle e la cominci a tirare. Quando sono milioni ad attaccarsela è un ‘intera economia che avanza. Gli effeti di questo microcredito, e della sua premeditazione debitoria, sono nolteplici e benevoli per l’economia statunitense.In primis gli istituti di crediti legano a se per anni milioni di persone impegnate a rompersi la schiena per assicurargli i profitti;secondo il lavoratore indebitato sarà disposto ad aumentare le ore lavorative, o il numero di lavori svolti,per permettersi di pagare il debito ed ottenere ulteriore credito necessario a nuovo consumo. Terzo si assicura una continua e ininterrotto meccanismo di consumo, permettendo al consumatore di acquistare anche in assenza di soldi reali. Ritzer osserva che disneyland o las vegas, per come le conosciamo ora, non potrebbero esistere senza le carte di credito. Arriva a sostenere che l’intera economia crollerebbe se i consumatori decidessero di smettere di vivere al di sopra delle loro possibilitÃ

un’altro elemento caratteristico dell’iperconsumo è l’implosione dello spazio e del tempo, che ha totalmente cambiato i connotati del terziario. Infatti osserva come l’economia di 50 anni fa si basasse sulla differenziazione e sulla specializzazione: il libraio vendeva i libri, un bar caffè e bevande, il macellaio bistecche ecc.. Ora invece i luoghi di vendita e contatto con il pubblico, dal micro al macro,sono votati al principio opposto. Dai centri commerciali che ormai fanno convivere sotto lo stesso tetto supermercati e negozio d’ogni genere alla vineria che vende libri e cd,tutti sembrano spinti al medesimo impulso accentratore, inglobante, tendente all’implosione. Oltre all’aspetto merciologico ritzer indica con il significato d’implosione anche la smateriallizzazione del tempo e dello spazio all’interno degli spazi adibiti al iperconsumo. Di fatto la tendenza a eludere la nozione del tempo e quella di creare ambienti virtuali, sempre perfetti, puliti, eterni è comune a tutte le “cattedrali”: che siano sale di casinò,parchi a tema,
o corsie di ipermercati, l’obbiettivo cercato è sempre lo stesso, fare perdere il contatto con la realtà .

Secondo ritzer infine,L’elemento coadiuvante di tutto il meccanismo è la fascinazione esercitata dai strumenti dell’iper consumo sugli sprovveduti iperconsumatori. Chiama in causa le teorie di Guy Debord sullo spettacolo e quelle di Bardillaud sulla simulazione.
La centralità dello spettacolo e delle forme spettacolari nell’addescamento dell’iperconsumatore è ormai una realtà sotto gli occhi di tutti,la pubblicità e la quinta essenza di questa impostazione, e i luoghi reali si sono dati da fare per contendere al mondo delle pure immagini il primato nell’arte fascinatoria e della spettacolarità .
Las vegas e disneyland sono i due epigoni del fenomeno:
la città del gioco d’azzardo è ormai diventato una gara a chi costruisce la cosa più assurda e grande. Intere scorci di citta straniere, o habitat suggestivi vengono ricostruiti con tale perizia da mettere quasi in ombra
gli originali, mentre nella città di topolino il categorico divieto da parte della direzione ai dipendenti mascherati e non di mantenere qualsiasi relazione al di fuori dei canovacci disney assicura la totale immersione in una realtà inesistente, fiabesca. Sempre riprendendo Debord, Ritzer sostiene che lo spettacolo, e la fascinazione insita in esso, sono mezzo attraverso cui il sistema produttivo nasconde le sue reali intenzioni, o meglio camuffa l’opera di razionalizzazione che sta
dietro l’opera di fascinazione. Perchè se la transazione si mostrasse per quello che è, cioè il tentativo di imporre un acquisto a qualcuno a prescindere dalla sua utilità , subentrerebbe il disincanto e l’iperconsumatore diventerebbe un ipoconsumatore. Grosso peso nella spettacolarizzazione del consumo ha la simulazione e la natura simulativa dei beni dell’iperconsumo. Qui si riallaccia a Badrillaud e alla perdita di autenticità e originalità subita dalla realtà in cui viviamo, alla creazione del falso vero. Cioè di copie della realtà che tendono a ricalcarla esattamente, e a sostituirla. Cita il caso di disneyland dove il viaggio simulato sottomarino riceve molti più visitatori dell’acquario autentico situato al fondo della strada,nella stessa via della struttura disney.

ritzer chiude il libro con un analisi sulle discriminazioni di razza e classe al consumo,ma la parte finale è meno interessante e sviluppata dallo stesso sociologo,ben conscio di come nel consumo di massa le discriminazione sia un aspetto secondario, proprio per la natura massiva . Infatti da quel punto di vista l’iperconsumo attua una forma di perversa democrazia, perchè se è vero che i luoghi di acquisto esclusivi negli stati uniti rimangono inacessibili ai meno abbienti,agli immigrati,alle persone di colore è altrettanto vero che nelle periferie pullulano di ipermercati,discount, ipermagazzini, dove gli iperconsumatori minori possono acquistare la simulazione dei prodotti venduti nei mega esercizi più prestigiosi.Nella stessa misura in cui esistono pacchetti viaggio per crociere adeguate alle famiglie con redditi medio bassi, o alberghi e casinò al las vegas per chi detiene modese quantità di denaro da scialacquare. Insomma l’iperconsumismo è un fenomeno inclusivo che tende ha scardinare totalmente il concetto di conflitto di classe suscitanto nelle classi sfruttate lo spirito di emulazione verso le classe sfruttatrici.