TRA EVERSIVI ED EVASIVI
TRA RIBELLIONE E RESTAURAZIONE
Nella stessa giornata in cui la Procura di Roma ha concluso l’inchiesta sulla cosidetta “spesa proletaria” al supermercato Panorama del 6 novembre 2004 (per la giornata nazionale di lotta contro la precarietà, 105 persone sono state iscritte nel registro degli indagati per i reati di rapina aggravata e lesioni, tra queste il consigliere comunale indipendente Nunzio D’Erme e il portavoce di Action Guido Lutrario), la Procura della Repubblica di Bologna insiste con l’aggravante di “finalità eversive” da collegare ad altri reati affibiati ad attivisti di movimento per altrettanti episodi di conflitto sociale avvenuti nella nostra città. Ieri, infatti, il pubblico ministero Giovagnoli ha reso pubblica la conclusione dell’indagine contro 12 attivisti dei movimenti sociali della città e delle reti del Nord Est per l’autoriduzione del biglietto del treno che avrebbe portato, nella notte tra il 5 e il 6 novembre 2004, alcune centinaia di giovani precari alla manifestazione nazionale contro il precariato del 6 novembre a Roma.
Non c’è due senza tre. Secondo il pm Giovagnoli ci sarebbe un filo che lega questo episodio all’autoriduzione del Cinema Capitol dell’ottobre 2004 alla richiesta del biglietto a prezzo politico per il treno del 5 novembre 2004 alla occupazione del locale di via del Guasto da parte di System_Error nell’aprile 2005.
Secondo lo zelante inquisitore, questi episodi di lotta politica e sociale sarebbero saldati tra di loro da un unico “disegno eversivo”.
Poco conta se un’altra parte della magistratura bolognese ha sconfessato questo indirizzo accusatorio, la Procura continua a contribuire “a suo modo” a un dibattito politico, quello sulla legalità, a cui sarebbe il caso non partecipasse.
A Bologna si dice che “ognuno deve stare nei suo stracci”, a quanto pare siamo invece tornati agli anni in cui la magistratura interveniva nel conflitto politico e sociale creando pericolosi fossati tra ciò che politicamente poteva essere ritenuto lecito e ciò che doveva essere criminalizzato.
Sappiamo di dire delle cose pesanti, ma dato che, in altre epoche (alla fine degli anni Settanta), abbiamo pagato anche con la galera gli effetti delle “leggi emergenziali” utilizzati contro il conflitto sociale, vorremmo che, ai giorni nostri, non si producesse lo stesso corto circuito: anche perché ci sentiamo responsabilizzati nei confronti di tanti ragazzi e tante ragazze che, in questi anni, sono stati colpiti dai meccanismi repressivi con la volontà di imporre una gravosa ipoteca su quanti vogliono continuare a lottare per i diritti dei più deboli, su quanti vogliono esprimere il loro dissenso, su quanti intendono praticare l’agire politico con le diverse dinamiche che i movimenti hanno manifestato.
Siamo perciò vicini e solidali a tutti i colpiti dalla repressione e, per rafforzare queste nostre convinzioni, vogliamo denunciare un episodio di cui siamo venuti a conoscenza in questi giorni.
Alcune settimane fa, il Tribunale del Riesame emetteva un sentenza in cui una buona parte del castello accusatorio e dei provvedimenti restrittivi dell’inchiesta sui cosiddetti “anarcoinsurrezionalisti” e sui “pacchi bomba” veniva messa in discussione. Alcuni difensori che hanno chiesto di visionare gli atti dell’inchiesta, hanno trovato, tra le tante circostanze,anche qualcosa di molto curioso.
E così, con un qualche stupore, siamo venti a conoscenza che del corposo dossier faceva parte anche diversi verbali di indagine che riguardavano noi due ed altre decine di compagni del movimento (disobbedienti, del collettivo Passepartout, della Rete Universitaria, di MAO e Crash) per episodi di conflitto sociale “alla luce del sole” dal 2003 al maggio 2005.
Cosa centrino questi momenti di lotta con i “pacchi bomba” (da sempre condannati da tutte le componenti di movimento fin dalla loro comparsa nei giorni di Genova 2001) i magistrati inquirenti non lo dicono (forse, anche in questo caso, il delirio inquisitorio del “teorema eversivo” potrebbe giustificare il vergognoso calderone), ma noi a questa logica non ci stiamo e denunciamo il fatto che chi l’ha costruita o solo pensata aveva in mente un progetto molto pericoloso di criminalizzazione dell’intero movimento.
Elenchiamo, pertanto, i fatti che, insieme ad altri, sono miscelati ad altri senza nessuna decenza (alla faccia della tanto decantata “serietà professionale”): – Mattina 20 Marzo 2003,
Manifestazione di massa contro l’inizio dei bombardamenti in Iraq, un grande corteo si dirige verso la Stazione Centrale e vengono occupati, per un paio d’ore, i binari (così come è avvenuto in tante città italiane); – 25 ottobre 2003, contestazione del movimento dei disobbedienti contro una manifestazione razzista della Lega Nord; – 5 novembre 2003, contestazione in Piazza Verdi contro un gazebo di Azione Giovani per raccogliere firme contro il “sostegno ai fanatici dell’Islam”; – 7 novembre 2003, presidio contro il lavoro intetrinale, davanti all’Agenzia Adecco di via Mazzini, durante la giornata di sciopero
nazionale dei lavoratori metalmeccanici; – 8 novembre 2003 protesta pacifica davanti alla Concessionaria Caterpillar di Bargellino (Calderara di Reno), per contestare la multinazionale delle macchine per movimento terra che fornisce le ruspe all’esercito israeliano per abbattere le case dei palestinesi. Davanti alla fabbrica viene appeso lo striscione “Stop the war – Free Palestine”; – 2 giugno 2004, durante la parata militare del 2 giugno in Piazza Nettuno, il Bologna Sopcial Forum organizza una contromanifestazione contro la guerra e contro l’uso a fini militare della festa della Repubblica. Alla fine della parata, la polizia compie alcune cariche violente per difendere una piazza vuota ma transennata e per proteggere la “bandiera di guerra” (è scritto nel verbale della questura) di un reparto militare che si era attardato; – 12 aprile 2005, presidio davanti al CPT di via Mattei per protestarecontro il fermo di 10 lavoratori rumeni avvenuto sul Lungoreno; – 26, 27, 28 aprile, a causa della Tre Giorni organizzata in Piazza Verdi dalla Rete Universitaria, un Comitato di Residenti della zona denuncia Valerio Monteventi e un ragazzo dei Collettivi Universitari per i disagi che la manifestazione avrebbe prodotto agli bitanti delle strade limitrofe. La querela è stata catalogata negli atti sull’inchiesta dei pacchi bomba come ultimo episodio. (Tra le altre cose, questa mattina, 27 luglio 2005, agenti di polizia si sono recati presso la sede della federazione del PRC in via Menganti per chiedere informazioni sul famoso camion di Rifondazione Comunista che, nel corso della Tre Giorni, stazionava in Piazza Verdi); – 18 maggio 2005, nel corso di una perquisizione ad un attivista del Collettivo Passepartout, vengono sequestrati, tra le altre cose, appunti scritti a mano su un Convegno sulla Casa organizzato dal Gruppo Consiliare di Rifondazione Comunista e la “Piattaforma cittadina di lotta per la casa” del Collettivo MAO.
Tutto questo fa parte del giro di vite che si vuole imporre alla vita politica della città?
Lo si dica, perché noi non ci stiamo e ci batteremo con tutte le nostre forze per impedire che questi tentativi (peraltro molto goffi) di criminalizzazione dei movimenti abbiano corso.
Valerio Monteventi
Tiziano Loreti