Oxford, la bizzarra missione delle religiose di un ospizio per disabili che hanno fatto felice Nick, 22 anni, affetto da una grave forma di distrofia
“Vorrei fare sesso almeno una volta nella vita”
Suore trovano prostituta a un giovane malato
“Vorrei fare sesso almeno una volta nella vita”
Suore trovano prostituta a un giovane malato
Suor Frances
con due ospiti
della comunità
LONDRA – Papa Wojtyla l’aveva detto: la persona disabile, come e più delle altre, “ha bisogno di amare e di essere amata, di tenerezza, di vicinanza, di intimità”. Parole prese alla lettera, sembrerebbe, da un gruppo di suore inglesi. Che di fronte a un ragazzo, che probabilmente non arriverà a compiere trent’anni, e che ha chiesto con insistenza di provare le gioie o comunque l’esperienza del sesso, hanno collaborato alla ricerca di una prostituta che assolvesse al compito. “Voglio fare sesso almeno una volta nella vita”. E così è stato.
Nick Wallis, 22 anni, costretto alla carrozzella da una forma devastante di distrofia muscolare, lo aveva chiesto più volte alle suore del Helen and Douglas House Hospice di Oxford, un ricovero per bambini e ragazzi affetti da handicap e malattie gravi, fondato nella celebre città universitaria da suor Frances. E’ stata lei a spiegare, in un’intervista alla Bbc, che “siamo arrivati alla conclusione che era nostro dovere sostenere Nick sotto il profilo emozionale, e aiutarlo a garantirsi una certa sicurezza fisica”.
Non è stata una decisione facile, è chiaro. La religiosa ha raccontato come in un primo momento si sia sentita completamente spiazzata di fronte alla richiesta del ragazzo. Che ha animato più di un dibattito fra suore, medici, infermiei, amministratori della struttura. Che prima di tutto hanno preso in considerazione l’ipotesi di commettere un reato, assecondando la richiesta di Nick e aiutandolo a organizzare un incontro a pagamento.
Dopo aver ricevuto rassicurazioni a questo proposito, il gruppo ha “sondato” il comitato etico dell’Hospice. Che, pure, non ha avanzato obiezioni sostanziali quando è stato informato che le condizioni cliniche non avrebbero mai consentito a Nick di avere una fidanzata e di poter, quindi, sperimentare le gioie dell’intimità, di un legame d’amore e reciproca attenzione. “Era pronto ad andare avanti con o senza il nostro sostegno – racconta suor Frances – e siamo giunti alla conclusione che era nostro dovere morale assisterlo”.
Un’infermiera dell’ospizio, Chris Bloor, ha aiutato il ragazzo a trovare, via internet, una donna all’altezza del compito. L’incontro è avvenuto a casa del ragazzo, con l’assistenza un’infermiera del Douglas House Hospice e un secondo assistente, in un’altra stanza, “in caso di bisogno”.
“Tutto è andato per il meglio – ha detto il ragazzo – lei si è rivelata una donna affascinante, intelligente e piacevole. Aveva circa trent’anni. Sapeva come fare con le persone nervose. Sono state due belle ore. Certo – ha ammesso – dal punto di vista emotivo non è stata un’esperienza al cento per cento appagante, ma mi ha dato fiducia e un certo grado di normalità. Non credo che necessariamente ripeterò l’esperienza. Ma nemmeno scarto del tutto l’ipotesi”.
Suor Frances è contenta di quanto accaduto, e anche della pubblicità che il caso sta avendo: “Nick ha messo la società di fronte a un tabù. Anche le persone portatrici di handicap vogliono amore a pieno titolo ma troppo spesso sono vittime di pregiudizi sociali”.
(27 gennaio 2007)